lunedì 16 dicembre 2019

Genealogia della famiglia nobile Nurra Flores di Cargeghe



di Giuseppe Ruiu


Continuano le ricostruzioni genealogiche delle famiglie nobili di Cargeghe. Dopo i cavalieri Satta e la famiglia Solinas, viene ricostruita in questo nuovo lavoro la genealogia della famiglia Nurra Flores, che pose radici in Cargeghe nella metà del XVIII secolo dalla natia Thiesi.

Blasone dei Nurra da Araldica Sardegna

Capostipite fu il thiesino don Francesco Giuseppe Nurra, il quale prese dimora nel villaggio di Cargeghe in seguito al matrimonio con la cargeghese, ma anch'essa di origini thiesine, donna Anatolia Flores Pinna. La famiglia vi si stabilì forse anche per meglio attendere al lavoro di don Francesco Giuseppe quale comandante del battaglione di fanteria miliziana di Ploaghe, villa non troppo discosta dal luogo di dimora.

Anche i Flores erano originari di Thiesi. Verso la metà del XVIII secolo si stabilì a Cargeghe don Francesco Giuseppe Flores (Thiesi, c.1730-Cargeghe, 1803), padre di donna Anatolia, unendosi in matrimonio con donna Angela Pinna. Mentre il fratello don Filippo Flores nel 1797 contrasse matrimonio con la cargeghese donna Francesca Satta Budroni, appartenente a una delle famiglie più in vista del paese, stabilendosi probabilmente a Sassari. Entrambi figli di don Leonardo e donna Margherita Serra.

I coniugi Nurra Flores ebbero numerosa prole, ben tredici figli, ma a causa dell'elevata mortalità infantile dell'epoca, nove dei quali morirono in tenera età. I nobili, come da antica consuetudine, venivano inumati all'interno della chiesa parrocchiale. In base ai registri i Nurra erano deposti al di sotto della cappella della Beata Maria Vergine, cappella destra del transetto, con molta probabilità il sacello patronato (ius sepeliendi) della famiglia.

Fu per battezzare una figlia di don Francesco Giuseppe Nurra, donna Efisia, che il celeberrimo generale don Antonio Grondona Lopez, si fece rappresentare da un procuratore suo commilitone, il capitano dei cacciatori di Sardegna don Leonardo de Bruner, non potendolo fare di persona poiché all'epoca maggiore della piazza di Cagliari, capitale del Regno Sardo. Nei registri parrocchiali si conserva copia di tale procura di battesimo, che lascia bene intendere quali fossero i legami di casta tra le varie famiglie nobili, di più o meno elevato lignaggio, del Regno. (leggi anche: Procura di battesimo del 1805 di don Antonio Grondona cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro).

Don Francesco Giuseppe Nurra e il suocero don Francesco Giuseppe Flores furono convocati negli anni 1793 e 1794 alle sedute degli Stamenti del Regno di Sardegna, come nobili appartenenti al Braccio Militare, insieme ai loro parenti i cavalieri Francesco Satta Flores e il figlio Andrea Satta Manca. Furono ben quattro i nobili cargeghesi convocati in questo biennio al “Parlamento sardo”, anche se si avvalsero della delega ad essere rappresentati [nota 1].

Delega dei Nurra del 19 aprile 1793 


Le più antiche attestazioni sulla nobiltà dei Nurra risalgono tra il XVII e XVIII secolo. certo pedro Pablo Nurra venne fatto cavaliere il 12 luglio del 1681. Un nipote di nome Francesco, ricevette la nobiltà il 25 novembre del 1735. Altri Nurra thiesini, di certo appartenenti alla stessa casata, ottennero la nobiltà nello stesso periodo: Gavino il 23 settembre 1700, Francesco il 25 ottobre 1735, ed altro Francesco fatto cavaliere il 14 agosto 1749 [nota 2].

Concessione della nobiltà ai Nurra di Thiesi

In base a una menzione presente nelle pubblicazioni ottocentesche del canonico ploaghese Giovanni Spano, la dimora cargeghese di questa famiglia potrebbe essere stata quella che in seguito divenne la casa parrocchiale o del rettore, dimora nobiliare seicentesca posta nella parte storica del paese nei pressi della parrocchiale (leggi anche: La casa parrocchiale di Cargeghe, foto-inchiesta), che lo Spano definì “Casa Nurra”, precisando che prima della sua costruzione vi fosse ubicato un nuraghe: «(...) A man sinistra dentro il villaggio di Cargeghe si ha per tradizione che n'esistessero tre [nuraghi - nda], i quali furono demoliti per costrurre il monte granatico, la Parrocchia e la casa Nurra.»[nota 3]

Casa Nurra menzionata dal canonico Spano

I Nurra Flores, nel giro di una generazione, si estinsero da Cargeghe. L'unico discendente maschio di cui si ha notizia è don Francesco Maria, dottore in Utroque Iure (Giurisprudenza), che sposò una cugina di Thiesi, anch'essa una Flores, e rientrò a vivere nel centro del Meilogu. Il figlio della coppia: don Luigi, anch'egli laureato in Utroque Iure, svolse l'attività di avvocato, e pur non dimorando a Cargeghe (visse principalmente tra Sassari e Cagliari), ne divenne sindaco, e consigliere comunale, nella metà del XIX secolo. Sposò a Cagliari la nobildonna Caterinangela Grondona Solinas di Thiesi [nota 4], della quale si è già parlato in altro lavoro summenzionato. Alla morte di don Luigi, nel suo testamento si dispose dei legati, alcuni stabili e quattro quadri, in favore della parrocchia di Cargeghe [nota 5].

Legati alla parrocchia di Cargeghe del cav. Luigi Nurra

Questa famiglia dei Nurra Flores cargeghesi, per quanto è dato sapere, non ebbe alcun legame di parentela con la più celebre famiglia oristanese dei Nurra Flores marchesi d'Arcais.

Note

1 - Acta Curiarum Regni Sardiniae, 24. L'attività degli Stamenti nella “Sarda Rivoluzione” (1793-1799), Tomo I, a cura di Luciano Carta.
2 - Francesco Loddo-Canepa, Origen del Cavallerato y de la Nobleza del Regno de Cerdeña, p. 341, Archivio Storico Sardo, Vol. XXIV, edito dalla Deputazione di Storia Patria della Sardegna, Cagliari, 1954.


Albero genealogico della famiglia Nurra Flores dal XVIII secolo


Don Francesco Giuseppe Nurra Delogu (Thiesi, c.1762 – Cargeghe, 03/04/1809), di don Emanuele e donna Domenica Delogu di Thiesi
Matrimonio a Cargeghe il 23/02/1783 con
donna Anatolia Flores Pinna (Cargeghe, 27/07/1764-26/02/1828), di don Francesco Giuseppe di Thiesi e donna Pasqua Angela Pinna, di Francesco di Ittiri.

Figli: 
- Maria Francesca Raimonda Nurra Flores (Cargeghe, 14/04/1784)
- Domenica Angela Maria Nurra Flores (Cargeghe, 07/05/1785–28/10/1788)
- Maria Francesca Nurra Flores (Cargeghe, 13/04/1787–19/11/1788)
- Francesco Maria Lorenzo Raimondo Antonio Nurra Flores (Cargeghe, 02/04/1789)
- Francesca Rosalia Nurra Flores (Cargeghe, 03/01/1791-24/10/1801) 
- Giovanni Emanuele Lorenzo Nurra Flores (Cargeghe, 27/12/1793)
- Maria Giuseppa Bartolomea Nurra Flores ( c.1795–Cargeghe, 27/11/1796)
- Anna Maria Nurra Flores (Cargeghe, 13/12/1797-20/04/1816)
- Domenica Angela Nurra Flores (Cargeghe, 13/11/1799-23/07/1804)
- Emanuele Raimondo Efisio Giuseppe Gavino Nurra Flores (Cargeghe, 08/05/1802-10/08/1802)
- Maria Annica Ignazia Emanuela Nurra Flores (01/08/1803 – Cargeghe, 22/10/1806)
- Efisia Maria Francesca Giuseppa Nurra Flores (Cargeghe, 25/03/1805-23/08/1863), in moglie nel 1825 a don Giovanni Battista Solinas Isolero di Banari
- Gavino Raffaele Francesco Giuseppe Emanuele Quirico Nurra Flores (Cargeghe, 24/10/1806-17/02/1816)

Nota
Congiunti thiesini di don Francesco Giuseppe furono il fratello maggiore don Antonio Nurra Delogu - tra i firmatari del patto antifeudale del 1795 tra le ville di Thiesi, Bessude e Cheremule - e la sorella donna Nicoletta Nurra Delogu.
Del figlio don Giovanni Emanuele Lorenzo si perdono le tracce. La stirpe proseguì con don Francesco Maria.

**
Don Francesco Maria Nurra Flores (Cargeghe, 02/04/1789)
Matrimonio a Thiesi con
Donna Maria Francesca Flores Serra di Thiesi

Figli: 
Luigi Nurra Flores

Nota 
Don Francesco Maria dopo il matrimonio si stabilì a Thiesi.

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Cav. don Luigi Nurra Flores
Matrimonio a Cagliari il 30/01/1844 con
Donna Caterina Angela Grondona Solinas (Thiesi, c.1822-Sassari, 20/03/1902). 
Figlia del dottor don Vincenzo Grondona Flores di Cagliari e di donna Antonia Solinas di Banari. 
La coppia dimorò in Sassari nella via Canopolo al civico 14.


***








mercoledì 20 novembre 2019

Serafino de Montanyans: primo Signore feudale di Cargeghe. Genealogia della famiglia sassarese dei Montanyans




di Giuseppe Ruiu


La vicenda politico amministrativa della villa di Cargeghe (Carieke in epoca giudicale, Cargegue in quella spagnola) è storicamente ben  documentata fin dal basso medioevo.
Essa fu ricompresa nel Giudicato di Torres (il Logu de Ore dei primi documenti) all'interno della ripartizione amministrativo-territoriale della Curatoria di Figulinas, dal nome della villa capoluogo: Figulina, odierno Florinas.



Con la dissoluzione dell'entità governativa autoctona, il villaggio passò sotto la diretta amministrazione dei marchesi Malaspina originari della Lunigiana, che per via di una serie di legami matrimoniali con la famiglia giudicale regnante, i Lacon-Gunale, un po' alla volta costituirono un proprio feudo nel nord Sardegna che alla dissoluzione del Giudicato Turritano, divenne la principale entità amministrativa del territorio insieme a quella costituita dall'altra grande famiglia allogena dei Doria di Genova e al Comune di Sassari.



Tale situazione perdurò, più o meno stabilmente, fino alla comparsa sulla scena sarda dei catalano-aragonesi, giunti nel 1323 per prendere possesso militarmente del Regno di Sardegna e Corsica creato nel 1297 da Papa Bonifacio VIII infeudandolo, con licentia invadendi, a Giacomo II d'Aragona.



Da tale data e per circa cento anni (centocinquanta se si considera la disfatta di Macomer del marchese di Oristano Leonardo Alagon) si protrasse nell'isola di Sardegna uno stato di guerra permanente, principalmente tra l'autoctono e antico Giudicato d'Arborea e la Corona d'Aragona, in un primo momento alleati contro i Pisani e cacciati questi, contro le altre minori forze in campo: i Doria e i Malaspina, i cui territori vennero alternativamente occupati dagli arborensi e dai catalani, per essere poi, quelli malaspiniani, definitivamente devoluti per lascito testamentario, dopo alternanza di trattative e contese belliche, al re catalano dal rappresentante della famiglia marchionale Giovanni Malaspina di Villanfranca, lascito ovviamente contestato dai fratelli Azzone e Federico che ripresero le armi con l'appoggio dei Doria, ma nonostante ciò verso la metà del trecento uscirono definitivamente di scena (nota 1).

Narra la leggenda popolare (di fatto nessun documento storico riporta tale vicenda) che fu proprio in questo periodo di contese belliche, pestilenze e carestie, verso la metà del XIV secolo, che il villaggio di Cargeghe mutò di ubicazione. Dalla piana del Campo Mela (località Santu Pedru) a ridosso della principale arteria stradale, l'antica a Karalis Turrem, e dunque da dove giungevano gli eserciti e per questa ragione il sito forse era indifendibile poiché non consentiva una pronta reazione, o fuga, degli abitanti - o anche perché soggetto a numerosi allagamenti stagionali e dunque malsano -, si arroccò in cima a una collina soprastante la piana, in sito dove la vista spazia libera per chilometri consentendo un efficace controllo del territorio circostante.

La Sardegna dopo un'epica e strenua resistenza degli ultimi Arborea: Mariano IV, Ugone III e Eleonora d'Arobrea con il coniuge Brancaleone Doria e i figli, divenne completamente catalano-aragonese, dopodiché castigliana, senza soluzione di continuità (non considerando la breve parentesi austriaca) fino ad epoca Sabauda.


Nel corso di tale epoca turbolenta Cargeghe venne concessa ad alcuni feudatari di origine catalano -aragonese. Nel 1358 il maestro Johan Metge ne venne in possesso per donazione reale, ma probabilmente solo nominalmente poiché il villaggio era in mano dei sardo-arborensi. Nel 1361 venne concessa a Berengario Fillel e in seguito a Berengario Centelles. Nel 1442, l'otto di gennaio, Serafino de Montanyans (Muntanyans, Montañans, Montagnans) magnate sassarese di origine catalana (secondo altri: corsa) che viene indicato come notaio e mercante, venne fatto dal sovrano catalano-aragonese, per i servizi resi alla Corona (leggi prestiti di denaro), Signore feudale di Cargeghe, che egli aveva acquistato poco prima come bene allodiale dal nobile Raimondo di Rivosecco alias Francesco Gilaberto de Centelles per il prezzo di 1200 ducati. Egli dunque fu il primo Signore feudale di Cargeghe sotto il Regno di Sardegna.

Stemma dei Montanyans

Il Montanyans "Al magnifich amat del senyor Rey mossen Seraphi de Montanyans", come era amabilmente definito dal sovrano, cavaliere ereditario dal 1420 (nota 2). Divenuto Barone di Ploaghe nel 1439 (la nuova Baronia nella quale venne fatto ricadere Cargeghe dopo essere appartenuto a quella del borgo di Osilo) fu figura eminente della casta magnatizia sassarese - ricoprì dal 1429 anche la carica di Podestà del Comune - insieme alle altre storiche famiglie dei Melone, Càriga, Gambella, Manca, Marongio, Cano, Saba, Manno (le quali parteggiarono per gli aragonesi contro il Visconte di Narbona, ultimo Giudice d'Arborea).

Suocero del Viceré Giovanni de Flors (o Flos) (nota 3), dopo una vita dedicata all'attività politico-diplomatica e militare, arti nelle quali, secondo i contemporanei, era abilmente versato: si pensi al ruolo prestigioso di arbitro assegnatogli dal sovrano nel 1472 per ricomporre, senza successo, la frattura fra il marchese di Oristano e il viceré di Sardegna Nicolò Carroz, e l'impresa di Monteleone, dove da comandante delle milizie sassaresi, tolse il castello a Nicolò Doria, ricevendo in feudo dal sovrano i villaggi di Giave e Cossoine. 

Ebbe almeno due fratelli, un Giuseppe e il maggiore Gugliemo, il quale venne nominato viceré di Sicilia verso il 1430. Serafino si spense invece verso il 1478: «Persino il Re d’Aragona si degnò di inviare alla Città e Comune di Sassari un’elegia in memoria dell’ “Onorato e fedele nostro Barone Serafino di Montañans». Lasciò parte del suo vasto e ingente patrimonio al suo erede, il non più giovane figlio anch'egli di nome Serafino. Ebbe almeno un'altra figlia di nome Maria che andò in moglie al sassarese mossen Andrea de Biure, Governatore di Sassari e Logudoro (nota 4).

Ancora oggi è possibile vedere la casa dove dimorò Serafino de Montanyans (nota 5). Di epoca quattrocentesca, edificata in stile gotico aragonese (seppur rimaneggiata nel corso dei secoli), ubicata a Sassari nel Corso Vittorio Emanuele, un tempo la Plata de Cothinas (Codinas), via principale della città lungo la quale fiorivano i commerci, dove i portici colonnati del piano terra delle dimore davano accesso agli empori dei mercanti. La casa Guarino - già Defraia - nome avuto dall'ultimo proprietario, un tempo erroneamente nota come “Palazzo di Re Enzo”, riferimento questo a Enzo di Hohenstaufen, o di Svevia, figli naturale legittimato dell'imperatore Federico II, marito dell'ultima rappresentante del Giudicato Turritano, la sfortunata Adelasia di Torres. Essendo re Enzo vissuto nel XIII secolo mentre la casa è di epoca quattrocentesca, non poteva dunque essergli attribuita.


Sassari: casa Guarino, già palazzo Montanynas (XV sec.)

Un attento osservatore potrà invece notare, nei capitelli scolpiti delle colonne che danno accesso al porticato, le probabili effigi di Serafino padre (barbuto), il figlio Serafino II, il loro stemma araldico costituito tre montagnette sovrapposte, e alcuni angeli serafini che farebbero riferimento al nome dei proprietari (nota 6). Riferimento questo osservabile anche in alcuni edifici religiosi fatti edificare dalla famiglia.

Capitello con probabile effigie di Serafino I 

 Capitello con probabile effigie di Serafino II

 Capitello con effigiato stemma dei Montanyans

Serafino II dal 1480 e per un ventennio amministrò i beni paterni, ma come feudatario non venne ricordato per le abilità del più celebre, e celebrato, genitore. A differenza del primo parteggiò per il marchese di Oristano nella battaglia di Macomer (dove prese parte, e vi perse la vita, anche il figlio Nicola, o Nicolò, il quale venne ricordato come un temibile brigante dalla folta chioma e dal bell'aspetto) ed in seguito beneficiò del perdono reale. Posto ingiustamente agli arresti domiciliari per un'accusa di omicidio della quale non è dato sapere l'origine, sposò nel 1447 Nicoletta d'Arborea (probabilmente della casata degli Alagon y Arborea, e ciò spigherebbe la sua fedeltà, e quella del figlio, al Marchese di Oristano), e in seconde nozze tra il 1468 e il 1470, la nobile Isabella de Sena dei Visconti di Sanluri.

Ebbe oltre al figlio, a lui premorto, Nicola, o Nicolò, almeno altre due figlie. Serafina che andò in sposa a Giovanni de Flors, avendo in feudo dal padre i villaggi di Giave e Cossoine, e dai quali dovrebbe discendere Donna Caterina de Flors y Montanyans, la quale ai primi del XVI secolo lasciò alla municipalità sassarese i locali della residenza di famiglia affinché creasse un convento, e che divennero verso la metà del secolo la prima residenza dei Gesuiti appena giunti a Sassari.

L'altra figlia, Giovanna, il 28 di aprile del 1500 divenne Baronessa di Ploaghe con i feudi minori di Beda, Saccargia, Cargeghe e Codrongianus, con la Signoria di Cabu Abbas, unitamente al marito Don Francesco de Castelvì dei Visconti di Sanluri, maggiordomo del Re. Il Castelvì fu il vero feudatario poiché la moglie rinunciò in suo favore alla gestione feudale, che condusse fino alla propria morte avvenuta nel 1503. 

L'ultimo Montanyans, seppur da parte di madre, ad amministrare in qualità di feudatario la Baronia e i villaggi avuti dai genitori fu Don Gerolamo de Castelvì y Montanyans, figlio primogenito della coppia. Ne venne legittimamente investito il 20 aprile del 1503, e resse i feudi per trentaquattro anni. Alla sua morte le succedette la figlia primogenita avuta dalla moglie Donna Michela de Flors: Donna Anna de Castelvì y de Flors. 

Dopo quattro generazioni si estinse così la famiglia dei primi Baroni di Ploaghe e Signori di Cargeghe. Vi subentrarono i Castelvì, Marchesi di Laconi e Visconti di Sanluri, famiglia nobile di antica origine catalana che ebbe un ruolo di primo piano nella storia sarda, i quali ressero la Baronia di Ploaghe e Cargeghe, seppur non continuativamente, fino alla dissoluzione dei feudi nel XIX secolo in piena epoca sabauda.



I Montanyans fecero edificare alcuni edifici religiosi nei villaggi da loro amministrati. Un esempio è la chiesa parrocchiale di Cossoine (Sassari) (nota 7), edificata nella seconda metà del XVI secolo in stile gotico catalano e dedicata a Santa Chiara. Essa conserva alcuni stemmi gentilizi, tra cui in facciata, lo stemma dei Montanyans, con tre piccole montagne sovrapposte, sorretto da due angeli serafini; ma è presente anche quello dei de Flors, una rosetta a otto petali, e dunque la committenza potrebbe essere della feudataria Serafina de Montanyans e del coniuge Giovanni de Flors. Congetturando, i Montanyans e le loro maestranze sassaresi, potrebbero avere avuto un ruolo anche nell'edificazione della chiesa parrocchiale di Cargeghe, pur non rimanendo tracce materiali o documentarie che possano collegarla ad essi.




Note

6 - Marisa PORCU GAIAS, Sassari: storia architettonica e urbanistica dalle origini al '600, Ilisso, 1996.
7 - Sardegna da scoprire: i capitelli della chiesa di Santa Chiara in Cossoine di Tiziana Sotgiu Gassi.



Genealogia famiglia de Montanyans di Sassari



Serafino de Montanyans, notaio di origine catalana, a Sassari dal XV secolo (morto c.1478)
figli:
- Serafino II de Montanyans,
- Maria de Montanyans, sposa Andrea de Biure, Governatore di Sassari e Logudoro

Serafino II de Montanyans, (morto c.1500)
=
Nicoletta d'Arborea, in prime nozze,
Isabella De Sena, di Antonio de Sena, Visconte di Sanluri

figli:
- Nicola, o Nicolò, de Montanyans, morto nella battaglia di Macomer,
- Giovanna de Montanyans, sposa Francesco de Castelvì, dei Visconti di Sanluri,
- Serafina de Montanyans, sposa Giovanni de Flor, Vicerè del Regno di Sardegna

Giovanna de Montanyans,
=
Francesco de Castelvì, (morto 1503)

figlio:
- Gerolamo de Castelvì y Montanyans, (morto 1537)
=
Michela de Flors,

figlia:
- Anna de Castelvì y de Flors.

mercoledì 6 novembre 2019

Antichi toponimi cargeghesi: Marisennero




di Giuseppe Ruiu


Vi sono alcuni toponimi che nel corso del tempo cadono in disuso per essere poi gradualmente dimenticati dalla memoria locale quasi come non fossero mai esistiti. Così è anche per alcuni nomi di luogo del territorio di Cargeghe, laddove altri godono invece di maggior "popolarità", come ad esempio per il toponimo: Pedras Serradas, il cui caratteristico sito è posto quasi a confine con il territorio di Florinas, menzionato già nel 1354 - Petras Serratas - in un atto di infeudazione del sovrano catalano-aragonese Pietro IV, e giunto inalterato nei secoli fino ad oggi.

Altri, come detto, sono stati invece rimossi per varie ragioni dalla memoria locale, come il toponimo: Marisennero preso in esame in questo breve studio. Sopperisce alla memoria popolare la documentazione archivistica, dove lo si trova menzionato per la prima volta all'interno del Libro di Amministrazione della parrocchiale (in lingua castigliana) nell'anno 1764, in merito ad un censo del nobile don Francisco Pinna: «Del mismo censo sobre la tierra de Marisennero» (Del medesimo censo sopra il terreno di Marisennero).

Libro di Amministrazione parrocchia SS Martiri 
Quirico e Giulitta, Cargeghe, anno 1764: Marisennero

Appare di nuovo in due rogiti notarili di divisione di beni, in particolare terreni, appartenenti sempre a dei nobili: i cargeghesi Solinas-Nurra (rogito anno 1878) e i sassaresi Pitzolo-Solinas (rogito anno 1908); attraverso tale documentazione è possibile inoltre ricostruire le varie proprietà sul terreno. Il toponimo viene riportato con le grafie: Marisennero e Maresennero.

Rogito, anno 1878: Marisennero 

Rogito, anno 1908: Maresennero

Data la precisa indicazione dei documenti è possibile risalire all'area dove ricadeva il toponimo, la quale si trova a valle del paese verso il confine territoriale con Muros. Tale area è ricompresa all'interno degli attuali terreni denominati: S'Ena de Pòlitu e Chìrigu Pilu.



Il toponimo Marisennero dal punto di vista etimologico offre interessanti spunti di riflessione data la sua appartenenza a quella categoria di toponimi “non trasparenti”, per dirla alla maniera del linguista prof. Massimo Pittau, poiché è andato perduto il suo significato originario in relazione alla scomparsa della lingua nella quale quel toponimo aveva etimologia “trasparente”, chiara. Tale lingua è probabilmente quella prelatina, o sempre per dirla alla maniera del prof. Pittau: sardiano-nuragica.

Il prefisso protosardo –mara– è ben documentato e dovrebbe significare la presenza di un sito acquitrinoso, paludoso, dove l'acqua ristagna. A riprova di ciò il sito cargeghese che ha originato il toponimo è realmente acquitrinoso nel corso della stagione piovosa. Per quanto concerne il suffisso –ennor/ennero- invece, abbiamo alcuni esempi nella Sardegna nord occidentale, quali: Billikennor/Biddichènnero (Ossi), Salvennor/Salvennero (Ploaghe), citati nel Condaghe di San Michele di Salvennor (CSMS), e Capathennor/Cabatenneru (Osilo), citato come cognome di estrazione toponomastica (con la particella -de-) nel Condaghe di San Pietro di Silki (CSPS) e nel Condaghe di San Nicola di Trullas (CSNT) ed afferenti ad antichi villaggi sardi estinti nel corso dei secoli.

Marisennero (forse esito grafico di: Marisennor) potrebbe essere stato un villaggio medievale, come i precedenti, estintosi anticamente e del quale non è rimasta traccia documentaria né materiale?

Bibliografia

M. PITTAU - Studi di Linguistica Sarda (Sito internet).


G. BONAZZI, Il condaghe di S. Pietro di Silki, traduzione, note e glossario a cura di I. Delogu, Sassari, Dessì, 1997.

P. MERCI (a cura di), Il condaghe di San Nicola di Trullas (PDF), Nuoro, Ilisso edizioni, 2001.

M. SANNA, Carieke e i Condaghes in età medievale, in La civiltà giudicale in Sardegna nei secoli XI-XIII. Fonti e documenti scritti, a cura dell'Associazione San Pietro di Silki, Atti del convegno, Sassari 16-17 marzo 2001, Sassari, Stampacolor, 2002, pp. 281-287.

sabato 12 ottobre 2019

I Solinas di Cargeghe: genealogia di una nobile casata logudorese




di Giuseppe Ruiu



Il lavoro di ricerca sulla genealogia delle famiglie nobili di Cargeghe, iniziato con i Cavalieri Satta, prosegue con la ricostruzione familiare della casata dei Solinas, nobili rurali logudoresi presenti a Cargeghe già dalla seconda metà del XVI° secolo (1569), poiché è in tale data che compaiono nei registri parrocchiali (i Qunque libri di Cargeghe ascendono a tale periodo), dove viene per altro attribuito loro il titolo di donnu e donna.

Il ramo dei Solinas cargeghesi preso in esame in questo lavoro è però di estrazione banarese, in quanto il capostipite: Don Giovanni Battista Solinas Isolero era nativo del paese di Banari ma contrasse matrimonio e dimora in Cargeghe nel 1825.

È lecito pensare che i Solinas logudoresi (presenti a Cargeghe, Codrongianos, Banari, Florinas e in altri villaggi limitrofi) facciano comunque parte della medesima grande famiglia originatosi probabilmente in epoca giudicale. Appartenenti forse alla casta dei majorales (i possidenti) del Logu de Ore o Giudicato di Torres, che in seguito, così come per altre famiglie di maggiorenti di etnia sarda, cercherà di affermarsi dal punto di vista economico e sociale, anche con i nuovi dominatori iberici.

Testimonianza materiale, non solo documentaria, della presenza dei Solinas è costituita da un altare ligneo settecentesco (oratorio) all'interno della parrocchiale dei Santi Martiri Quirico e Giulitta di Cargeghe, in una cappella laterale di epoca gotico catalana, il quale alla sua base riporta l'iscrizione a caratteri dorati in lingua castigliana: “Este oratorio lo han fundado los no[biles] D[on] Leonardo Solinas et D[onna] Theresa Nurra anno 1759” (Questo oratorio è stato fondato dai nobili Don Leonardo Solinas e Donna Theresa Nurra anno 1759).

Altare ligneo settecentesco

 
Dettaglio iscrizione


Don Leonardo Solinas, morto a Banari nel 1779 secondo le fonti, e Donna Theresa Nurra di Thiesi (anche la famiglia Nurra ebbe un importante ramo cargeghese) furono i genitori del carmelitano Alberto Maria - al secolo Giuseppe Andrea Luigi -, vescovo di Nuoro dal 17 gennaio 1803 al 17 luglio 1817 giorno del suo decesso (nota 1).  

Don Alberto Maria Solinas vescovo di Nuoro

Altro figlio fu Don Leonardo Solinas Nurra definito dalle fonti banarese ma dimorante nella città di Cagliari e successivamente ad Alghero. Egli è figura, in un certo qual modo, nota alla letteratura sarda poiché considerato autore di poesie e coautore di poemi e opuscoli in varie lingue (sarda, castigliana, catalana, italiana e francese), firmandosi sovente con il nome arcadico di Penteo Alcidomenziaco (nota 2).
Ulteriore figlio fu Don Gavino Solinas Nurra nonno di don Giovanni Battista Isolero capostipite del ramo cargeghese.

Al primo Don Leonardo Solinas dovrebbe discendere la concessione del cavalierato da parte del sovrano nell'anno 1729, e il diritto a partecipare alle sedute parlamentari delle Cortes del Regno di Sardegna nel braccio Militare (nota 3).

Uno stemma araldico dei Solinas, anche se non si comprende chiaramente a quale ramo familiare appartenesse, è presente presso la cattedrale di Cagliari. Trattasi di un altare marmoreo fatto erigere dal decano Don Giovanni Maria Solinas nel 1776, e nel quale è effigiato lo stemma araldico della sua famiglia (nota 4).


Altro ramo della famiglia, probabilmente quello florinese, comprò nel 1736 per tramite del Canonico Don Francesco Solinas Pira residente a Cagliari, il feudo, costituito in marchesato, di Sedilo e Canales, che in seguito ad alcune cause legali all'interno della famiglia, passò ai Delitala Solinas (nota 5).

Tornando al ramo cargeghese, Don Giovanni Battista ebbe a Cargeghe numerosa prole, ben dieci figli di cui sette sopravvissuti. Gli eredi maschi furono don Antonio Maria, don Francesco (entrambi laureati in ambe leggi all'Università di Sassari) e don Leonardo, da cui discesero i rami codrongianese e sassarese della famiglia. Don Antonio Maria e Don Francesco furono anche consiglieri comunali a Cargeghe nella seconda metà del XIX° secolo.

La famiglia risiedette a Cargeghe probabilmente dove oggi sorgono gli edifici compresi tra via Roma (un tempo Largo Olmo) e via Garibaldi (anticamente via Porticale). Furono inoltre proprietari di vaste estensioni di terreno agricolo nel territorio comunale.  

Abitato di Cargeghe, porzione di mappa tratta da Google Maps

Secondo consuetudine, e fino al 1852 quando venne consacrato il nuovo cimitero, i nobili all'atto del decesso venivano inumati all'interno della chiesa parrocchiale. Precisamente nella cappella patronata de Sa Regina o Auxilium Christianorum, cappella del transetto sul lato destro dell'altare maggiore.

Note
2 - «Estudis de llengua i literaturas catalanes /XXXVIII», homenatge a Arthur Terry, 2, Publicacions de l'Abadia de Montserrat, 1999.
«Tesori in Sardegna», Joan Armangué i Herrero, Luca Scala, Arxiu de Tradicions de l'Alguer, Editore Grafica del Parteolla, 2001.


Albero dei Solinas di Cargeghe dal XIX° secolo

Don Giovanni Battista Solinas Isolero (Banari, 23/07/1797 – Cargeghe, 21/12/1875)
Figlio di Don Antonio di Banari e Donna Nicoletta Isolero Delogu.
Matrimonio a Cargeghe il 09/10/1825 con
Donna Efisia Maria Francesca Giuseppa Nurra Flores (Cargeghe, 25/03/1805-23/08/1863)
Figlia di Don Francesco Giuseppe Nurra Flores di Thiesi, comandante battaglione fanteria miliziana di Ploaghe, e Donna Anatolia Flores Pinna di Cargeghe.

Figli:
- Donna Anatolia Maria Anna Raffaella Antonia Geronima Solinas Nurra (Cargeghe, 03/11/1826-24/07/1828)
- Donna Maria Nicoletta Anna Raffaella Raimonda Efisia Antonia Solinas Nurra (Cargeghe, 15/01/1828)
- Don Antonio Maria Raffaele Raimondo Gaetano Lorenzo Alberto Solinas Nurra (Cargeghe, 07/08/1829-Sassari, c.04/06/1905)
- Don Leonardo Maria Antonio Alberto Raimondo Lorenzo Valentino Solinas Nurra (Cargeghe, 24/02/1832-29/08/1834)
- Don Francesco Giuseppe Salvatore Maria Antonio Giovanni Solinas Nurra (Cargeghe, 23/12/1833)
- Don Leonardo Salvatore Maria Antonio Francesco Giuseppe Solinas Nurra (Cargeghe, 10/04/1836–14/04/1836)
- Don Leonardo Maria Martino Antonio Lorenzo Quirico Solinas Nurra (Cargeghe, 11/11//1837)
- Donna Maria Raimonda Anna Anatolia Filomena Solinas Nurra (Cargeghe, 17/12/1840-Sassari, 21/12/1920)
- Donna Chiara Maria Sebastiana Solinas Nurra (Cargeghe, 20/01/1844)
- Donna Maria Anna Alberta Giuseppa Gioacchina Solinas Nurra (Cargeghe, 27/06/1846-Sassari, 18/08/1899)

Nota
- Donna Nicoletta sposa a Cargeghe il 28/06/1846 Don Antonio Corda di Borutta, figlio di Don Michele Corda di Banari. Figli: Don Giommaria Corda Solinas (Borutta, 1859-1938), morto celibe (committente degli altari in marmo novecenteschi delle cappelle della chiesa parrocchiale di Cargeghe); Don Michele Corda Solinas (Borutta), morto celibe; Don Giovanni Battista Corda Solinas (Borutta), che ebbe discendenza; Donna Efisia Corda Solinas (Borutta), morta nubile; Donna Francesca Corda Solinas (Borutta), morta nubile.
- Donna Maria Raimonda sposa l'avvocato sassarese Don Alberto Cugia.
- Donna Maria sposa a Sassari Don Giovanni Antonio Pitzolo (Selargius, 1841-Sassari 1904). Figli: Donna Giuseppina Pitzolo Solinas (Sassari, (?) - 31/01/1964) e
Don Riccardo Pitzolo Solinas (Sassari), sindaco di Banari nel primo novecento. Donna Giuseppina Pitzolo Solinas (Sassari), sposa a Sassari il 29/09/1904 il cugino Don Silvio Pitzolo Cambilargio, (Sassari, (?) - 03/04/1956), avvocato e tenente della Milizia territoriale.

Discendenza a Codrongianos
Don Antonio Solinas Nurra, (Cargeghe, 07/08/1829-Sassari, c.04/06/1905)
Matrimonio a Codrongianus con Donna Anna Solinas di Codrongianus
Figli:
Don Gavino Solinas Solinas (Codrongianus, c.1868-Cargeghe, 13/03/1873)
Donna Efisia Solinas Solinas (Codrongianus)
Donna Maria Solinas Solinas (Codrongianus)
Donna Ester Solinas Solinas (Codrongianus)
Donna Amalia Solinas Solinas (Codrongianus)

Discendenza a Sassari
Don Leonardo Solinas Nurra (Cargeghe, 11/11//1837-Sassari, 01/02/1917)
Matrimonio a Banari c.1881 con
Donna Maria Grazia Delogu di Banari, di Don Ignazio e donna Margherita Delrio
Figli:
Donna Margherita Solinas Delogu
Don Giuseppe Emanuele Solinas Delogu (Sassari, 15/12/1883-01/06/1939)
Donna Efisia Solinas Delogu
Don Ignazio Solinas Delogu (Sassari, 22/07/1887-26/12/1949)
Don Giovanni Battista Solinas Delogu
Don Luigi Solinas Delogu, deceduto nel giugno del 1916 a 25 anni, nel corso della prima guerra mondiale.

Nota
Don Leonardo Solinas Nurra precedentemente domiciliato ad Alghero forse per altro matrimonio.
Contratto del secondo matrimonio presente tra i rogiti del notaio Gavino Me-Fois, anno 1881 (Archivio di Stato di Sassari).

Albero famiglia Solinas di Cargeghe





venerdì 5 luglio 2019

Il significato del toponimo "Sa Piedade" a Cargeghe


di Giuseppe Ruiu


"Sa Piedade" è l’originale denominazione della parte alta di via Roma all’altezza del vecchio Municipio a Cargeghe. Tale evocativo toponimo ha da sempre attratto una certa curiosità, e sovente si è favoleggiato sulle reali motivazioni che hanno indotto a denominare in maniera così simbolica quel tratto di via.


Via Roma nel tratto di "Sa Piedade" e sulla
sinistra l'edificio del vecchio Municipio

Targa toponomastica comunale

Il toponimo, con la dicitura in lingua sarda "Carrela Cheja e Sa Pietate", compare in una mappa alquanto stilizzata poiché redatta a mano libera su un foglio sparso, forse della seconda metà del XIX° secolo, presente presso l'archivio parrocchiale:


Dettaglio della mappa ottocentesca

Secondo alcuni tale denominazione sarebbe legata ai riti della Settimana Santa, in quanto a Cargeghe anticamente officiava la Confraternita di Santa Croce - della quale si è già scritto in alcuni articoli presenti sul blog - e proprio nel corso di tale periodo vi era l’apice della propria attività religiosa con il suggestivo rito de S’Iscravamentu. Il sito era un passaggio obbligato nel percorso processionale che conduceva dall’Oratorio di Santa Croce alla parrocchiale del paese. "Sa Piedade", la Pietà della Vergine dunque, sarebbe l’interpretazione religiosa del toponimo eternato dalla devozione popolare. Pietà la cui iconografia è stata celebrata dall’artista Michelangelo Buonarroti nella sua mirabile scultura “La pietà vaticana” della fine del XV° secolo.


Secondo un'altra lettura che potremmo definire a tinte fosche (che nel paese ha diversi adepti) il toponimo deriverebbe la sua origine dalla presenza in epoca feudale del patibolo per le esecuzioni capitali: "Sa furca", come viene ancora indicata in lingua sarda. La pietà, nello specifico, sarebbe la clemenza chiesta dai congiunti del condannato ai funzionari feudali per la commutazione della condanna all’impiccagione.

Il cortile esterno dell’attuale casa Sanna che costeggia la via Roma in quel tratto, si congettura fosse il luogo deputato a tali “celebrazioni”. Va però fatto rilevare, per quanto se ne sappia, che le esecuzioni dei rei appartenenti alla Baronia di Ploaghe, sotto la cui giurisdizione ricadeva il paese di Cargeghe e i suoi abitanti, venivano eseguite presso il palazzotto della curia baronale a Ploaghe, dove erano presenti le prigioni e la forca. Solo di rado, e per fatti riguardanti gravi reati, quali la lesa maestà ad esempio o omicidi di una certa efferatezza, venivano poste in essere esecuzioni pubbliche sovente ammantante di una solenne e teatrale ritualità, che non si confacevano di certo al tranquillo borgo di Cargeghe.



Tali letture popolari pur suggestive nella loro evocazione di riti laici e religiosi di un passato più o meno remoto, ma prive di riscontri documentari a supporto, non soddisfano pienamente la comprensione del toponimo, lasciando dunque spazio alla ricerca di una spiegazione forse più logica e diciamo meno "romantica". 
Per l'interpretazione toponomastica, avanzata in questo articolo, è necessario partire da un atto storico concreto: l'istituzione in Sardegna da parte del governo sabaudo, con un pregone del viceré del 1767, dei Monti Granatici (o Frumentari), per incoraggiare l'agricoltura attraverso la concessione di grano e orzo ai contadini in modo da sottrarli al sistema usuraio praticato dalla nobiltà agraria e dai printzipales. L'evoluzione successiva, nel 1780 in pieno riformismo sabaudo, si ebbe con i Monti Nummari (dal latino nummus: moneta) che consentivano, oltre alla concessione di semenze effettuata dai Monti Granatici, anche di sopperire alla cronica carenza di liquidità monetaria attraverso il finanziamento necessario per l'acquisto degli attrezzi da lavoro, buoi e in generale di tutto ciò che era necessario per l'ammodernamento dell'agricoltura sarda rimasta ancorata ad arcaici schemi e retaggi del passato e sottoposta ciclicamente a spaventose carestie. Ciò detto, va tenuto presente che istituzioni non dissimili a sostegno degli agricoltori erano presenti anche in epoca spagnola.

I Monti erano amministrati da giunte locali con la supervisione del parroco sotto la tutela di una giunta diocesana presieduta dal vescovo, fino ai più alti livelli dell'amministrazione vice-regia che sovrintendeva, con una giunta cagliaritana, al sistema generale dei Monti. Nel corso del tempo i Monti Nummari assunsero la funzione di veri e propri Monti di Soccorso, o Monti di Pietà, in latino Montis Pietatis, e in lingua sarda “Monte de Piedade” o semplicemente “Sa Piedade” ("Monte Granàticu o siat de Piedade"). Ogni centro abitato dell'isola venne dotato di una struttura edilizia, spesso di pregio architettonico, destinata a tale funzione. Emblematico è il caso di Borore dove ancora oggi nel suo centro storico sussiste l'ex Monte Granatico, oggi casa Delogu, costruito interamente in pietra, e tutelato come bene storico-architettonico, detto “Sa Piedade”. Tale sistema giunse amministrativamente inalterato, svolgendo la proficua funzione creditizia in agricoltura, fino alla metà del 1800 (tra il 1845 e il 1851) quando tutto il sistema amministrativo, con la necessità del riordinamento, venne svuotato di funzioni operative. 

Anche Cargeghe ebbe il suo Monte Granatico, proprio dove oggi sorge l'edificio del vecchio Municipio a "Sa Piedade". La struttura venne edificata probabilmente a cavallo tra i secoli XVIII° e XIX°. In una cronaca presente nei Quinque libri parrocchiali del 24 settembre 1893 redatta dal parroco cargeghese, teologo Pietro Pilo “Babbai Pilo”, si narra che: «Esistono attualmente le vestigia di tre famosi runachi (sic), uno inerente al Monte di Pietà, ove oggi trovasi la casa del Comune (...)». 


Estratto del documento

Che quella fosse l'area del paese dove sorgeva l'edificio deputato all'ammasso del grano, lo si evince anche da altre fonti edite di metà ottocento, riportate dal canonico Giovanni Spano. Sempre in merito alla presenza di tre nuraghi presenti nel centro abitato di Cargeghe: «A man sinistra dentro il villaggio di Cargeghe si ha per tradizione che n'esistessero tre (nuraghi - nda), i quali furono demoliti per costrurre il monte granatico, la parrocchia e la casa Nurra.». («Memoria sopra i nuraghi di Sardegna», di Giovanni Spano, 1867).

Si è addirittura in grado di stabilire i fondi granatici e nummari del monte di soccorso cargeghese nell'anno 1793, grazie ai dati raccolti nello studio: «I monti nummari in Sardegna nella prima metà dell'ottocento (1780-1851)» di Daniele Casanova, in «La Sardegna nel Risorgimento», Convegno di Studi, Cagliari, 2011.


Tabella estratta dallo studio

In virtù di tali documentazione è possibile avanzare la teoria che il toponimo cargeghese trasse la sua origine dalla presenza in situ del Monte Granatico, "Sa Piedade" (con tutta probabilità ne sorse un altro agli inizi del XX° secolo, come lasciano intuire alcuni articoli di cronaca locale, la cui ubicazione è però incerta). L'edificio del primo Monte di Pietà circa un secolo dopo venne adibito a casa municipale (oltre che caserma provvisoria dei Reali carabinieri e prigione: "Su tzippu"), e nel corso del tempo subì ulteriori rimaneggiamenti e sopraelevazioni fino allo stato attuale, che non lo rendono più riconoscibile dal punto di vista architettonico per quanto concerne la sua primigenia funzione, perdendosi così anche il ricordo nella memoria popolare se non per il toponimo che caratterizza quella determinata area.