lunedì 6 novembre 2017

Cargeghesi caduti in guerra



di Giuseppe Ruiu



Anche Cargeghe, come la gran parte dei paesi sardi d'altronde, ebbe i suoi caduti nel corso dei due conflitti mondiali. Già in altro lavoro si parlò dei cargeghesi presenti nell'Albo d'oro dei caduti della Grande Guerra

Monumento ai caduti di Cargeghe

In questo nuovo lavoro, si vuole delineare, poiché la si conosce meglio, la sfortunata vicenda bellica di uno di essi. Quella del fante del 90° Reggimento fanteria della Brigata Salerno: Giommaria Ruiu. Nato il 21 febbraio del 1883 dai coniugi cargeghesi Francesco Ruju Picconi – agricoltore, pastore, consigliere comunale, assessore e sindaco del paese per varie legislature a cavallo tra i due secoli - e Maria Giuseppa Ara Lai. 

Giommaria Ruiu con la moglie Chiara Nieddu 
e i figli Cianedda e Francesco nel 1916, in uno 
scatto prima della partenza per il fronte.

In base alla documentazione d'archivio presente presso l'Archivio di Stato, si ricava dal registro dei ruoli matricolari che Giommaria era alto 1,63, di professione contadino, ed analfabeta. Non svolse il servizio militare.
Venne richiamato alle armi circa un anno dopo l'ingresso del Regno d'Italia nel primo conflitto mondiale, il 10 luglio 1916. Due giorni dopo, il 12 luglio, giunse nel deposito del 46° reggimento fanteria della Brigata Reggio, a Ozieri (SS). Anche tale Brigata, al pari della più celebre, e celebrata, Brigata Sassari, era costituita principalmente da militi sardi.

Mostrine Brigata Reggio

Il 20 settembre 1916, dopo una traversata in piroscafo e un lungo tragitto in treno, arrivò in zona di guerra presso il 90° reggimento fanteria, terzo battaglione, della Brigata Salerno. Per oltre un anno prese parte alle battaglie di tale brigata, quando nel corso della dodicesima battaglia dell'Isonzo, più nota come battaglia di Caporetto, a seguito della disfatta del regio esercito italiano, venne fatto prigioniero dagli austro-ungarici: il 19 novembre 1917.
Condotto nel campo di prigionia di Sigmundsherberg nella bassa Austria, vi morì, probabilmente per le ferite riportate in combattimento, il 23 dicembre 1917.

Mostrina Brigata Salerno

L'atto di morte - le cui notizie sono state pubblicate dal dott. Giuliano Chirra* nel suo poderoso lavoro di ricerca: Mortos in terra anzena – risulta proveniente dall'Imperiale e Regia Cappellania Militare dell'Imperiale e Regio Deposito dei prigionieri di guerra in Sigmundsherberg, n. 964; Giommaria Ruiu è morto per “catarro intestinale”, ed è stato sepolto nel cimitero dei prigionieri di guerra sempre in Sigmundsherberg, circondario di Horn, il 25 dicembre – giorno di Natale – 1917.
Le esequie furono eseguite dal sacerdote Domenico Abbo, sacerdote prigioniero di guerra italiano. Testimoni, il medico superiore Dott. Stork e il sacerdote Miroslav Dilvin, curato di campo.
Giommaria Ruiu lasciò moglie e tre figli in tenera età.

Campo di prigionia di Sigmundsherberg

Cappella e monumento ai caduti italiani

Interno del cimitero dell'ex campo di prigionia


* Un particolare ringraziamento va al dott. Chirra, per aver dato luce alla scomparsa del padre di mio nonno, la cui foto, posta in bella evidenza nella sua abitazione, fin da bambino ha sempre alimentato il mio desiderio di ricercarne le sfortunate vicende belliche.

venerdì 3 novembre 2017

La prima cronaca giornalistica della festa patronale di Cargeghe



di Giuseppe Ruiu



Nell'agosto del 1891 iniziarono le pubblicazioni periodiche del giornale locale: La Nuova Sardegna, che succedette al precedente periodico: La Sardegna, che ebbe una vita cronachistica undecennale, dal 1882 al 1893. La Nuova Sardegna, diede corso alle sue quotidiane pubblicazioni a partire dal 17 marzo del 1892, fino ai nostri giorni, con una forzata interruzione nel corso del regime fascista e fino al maggio del 1947 quando riprese la sua attività.

È tra le colonne di tali giornali che compaiono le prime cronache giornalistiche provenienti dal paese di Cargeghe. Per lo più esse erano corrispondenze locali anonime e sotto pseudonimo – tra i più disparati: Back, Giusto, Termidoro, X, Pamfilo, Ruber, ecc. - degli abitanti letterati del paese; mentre le cronache di una certa rilevanza venivano effettuate da un reporter vero e proprio che si recava in loco.

Di particolare, e romantico, interesse è la prima cronaca giornalistica* dell'antica festa patronale di Cargeghe, che si celebra il 15 di luglio. Essa venne portata all'attenzione del lettori del quotidiano in un articolo dal titolo: «Feste paesane» del 18 luglio 1897.

L'anonimo corrispondente locale, dotato di una certa enfasi, così scriveva:
«Malgrado un'annata che lascia tutto a desiderare, ieri Cargeghe, fedele alle sue tradizioni, ha solennizzato la festa dei suoi santi patroni Quirico e Giulitta.
Si ebbero fuochi artificiali eseguiti discretamente dal pirotecnico Pietro Gojatano da Banari.
La solennità religiosa fu imponentissima, interrotta da un discorso piano, facile, concettoso, dell'egregio teologo Francesco Antonio Santoni. Il concorso fu numerosissimo, non solo dai paesi vicini, ma anche da lontani.
Procedette tutto con ordine e senza alcun incidente.
Sentite congratulazioni al sempre zelante ed instancabile rettore rev. Pilo, che tanto ha lavorato e lavora per il bene materiale e morale del paese, nonché al capo della festa sig. Baingio Manconi, i quali per la felice riuscita non risparmiarono fatiche né spese.»

L'articolo originale
La Nuova Sardegna, 18 luglio 1897

Pagina originale
dove è presente l'articolo

Altre e più antiche fonti, non giornalistiche ma bensì archivistiche, menzionano le celebrazioni civili della festa patronale dedicata ai Martiri dell'Asia Minore Quirico e Giulitta. Già nell'anno 1780 si faceva ricorso ai fuochi artificiali per celebrare i patroni. In quell'anno vennero spesi 17 soldi e 5 denari per allestire tali fuochi: «Por el fuego artificial de polvera a la fiesta del titular.» recita una fonte dell'archivio parrocchiale in lingua castigliana.

Processione dei Patroni negli anni '30 del XX° secolo
foto Maria Giovanna Manca, in Francesca Santoru (a cura di),
Raccontando. Storie, fatti e personaggi di Cargeghe, Sassari, 
Magnum-Edizioni, 2005


* Articolo pubblicato in: Giuseppe Ruiu (a cura di), Cargeghe nelle cronache dell'Otto-Novecento. Sotto l'egida di Inedita - Centro di documentazione culturale, Magnum-Edizioni, Sassari 2004.

sabato 24 giugno 2017

Indizi su una comunità corsa a Cargeghe nel XVI secolo




di Giuseppe Ruiu



Attraverso l’esame di alcuni cognomi presenti nei Quinque libri della parrocchia di Cargeghe e ad altri labili indizi di natura toponomastica, lo studio propone la suggestiva teoria che a Cargeghe, agli inizi del XVI secolo, visse una piccola colonia di corsi, probabilmente di estrazione sassarese, che in seguito venne riassorbita dall'elemento locale logudorese, ma che lasciò qualche traccia della sua possibile esistenza storica.

Tra il 1522 e il 1530 la pandemia di peste nera imperversò nel nord Sardegna aggredendo numerosi centri e contrade del capo di Sassari, Alghero e la Gallura. Ma in particolare tra il 1528 e il 1529 si verificò la fase più acuta, dovuta anche all'invasione francese della fine del 1527, al comando degli italiani Renzo Ursino da Ceri e Andrea Doria, che occupò e devastò Sassari nell'arco di un mese, diffondendo la peste presente tra le fila dei soldati assedianti.

Il contagio si diffuse rapidamente in tutti i centri vicini arrivando fino a Oristano, le cronache (Fara, Angius e Tola) riportano un numero di decessi tra gli abitanti di Sassari che variava tra i 16000 e i 20000, in una città che al tempo era la più popolosa del Regno di Sardegna spagnolo e contava circa 4000 fuochi fiscali, riducendoli a soli 900, innescando così quel tracollo demografico dal quale la città non si riprese più [1].

Molti sassaresi in fuga si riversarono nei centri prossimi alla città, prassi abituale in quasi tutte le comunità colpite dall'epidemia, dove chi può (nobili e benestanti in particolare) fugge per salvarsi la vita, spesso portandosi dietro il contagio.

Senza voler giungere ad affrettate conclusioni, che difficilmente potrebbero essere supportate dal punto di vista documentario, è comunque da considerare che alcuni di questi transfughi sassaresi - un certo filone storiografico sostiene che a sopravvivere maggiormente alla pestilenza fu la comunità corsa cittadina – si stabilirono in alcuni centri non troppo discosti dalla città.

Tracce di antica presenza corsa tra Logudoro e Anglona non mancano, come molto ben evidenziato dagli studi del prof. Mauro Maxia [2]. Su tutti l'esempio di Sedini con il suo rione di cabu cossu (rione corso), dove oggi è ancora in uso l'idioma turritano (meglio: sedinese).

Cargeghe – logudorese Carzeghe, Caxeghe -, a differenza dei centri circonvicini, conserva il suo corrispondente in lingua turritana: Cagliégga. Sintomo questo che il villaggio, posto a circa undici chilometri a sud del capoluogo lungo la strada reale, fosse ben frequentato e inserito nei traffici commerciali e umani con la città. Col tempo Cagliégga divenne sinonimo a Sassari di luogo estremo dei suoi traffici, sito lontano per antonomasia: “Andà in Cagliégga”. “Isciddu in Cagliégga!”.

Fino agli anni trenta del XX° secolo era ben evidenziata nelle mappe del centro abitato una via posta nel cuore del paese, quasi una piccola enclave, denominata “via dei Corsi”, oggi via Cesare Battisti. Similmente alla “via dei Corsi” sassarese, anch'essa posta nel cuore del centro storico cittadino, potrebbe rappresentare il ricordo della presenza di una comunità di corsi, o di sassaresi oriundi della Corsica, a Cargeghe.

Via dei corsi in una mappa dell'abitato di Cargeghe del 1901

Via dei corsi in una mappa dell'abitato di Cargeghe del 1939

Quella che anticamente poteva essere una grande
corte interna forse ad uso della comunità di Corsi 
cargeghesi, con due uscite che collegavano l'attuale
via Roma e via Battisti (già carrera de sos Corsos)

Che il toponimo sia abbastanza datato è documentato da una copia di atto notarile di inizio ottocento (1818) in lingua castigliana, presente presso l'archivio parrocchiale del paese, dove il toponimo compare in lingua sarda: «La calle denominada Sa carrera de sos corsos».

Documento notarile del 1818 dove compare: 
"La calle denominada Sa carrera de sos corsos"

Nei Quinque libri della parrocchia, che risalgono agli anni settanta del XVI secolo, riscontriamo la presenza di alcuni cognomi di probabile derivazione corsa, tra i quali: Tinteri, Cossu, Cossa, Dapila, Bunbarda, Capuxeddu, Ogana, Dachena, Desa Camara, de Aurolu, da Cilara forse gli ultimi rappresentanti della comunità.

I rettori che ressero la parrocchia di Cargeghe tra cinque-seicento, se può essere un caso, furono per la maggior parte sassaresi di origine corsicana, troviamo infatti i sassaresi Joe Dapila: 1562-1571, Andreas Daquena: 1581-1590, Juan Maria del Olmo (di ascendenza corsa o catalana): 1591-1635, Pedro Juan Cillara: 1636-1649, Gavino Tavera Manca: 1650-1661, e Juan Salvador Suzarellu: 1666-1668.

Come riportato sopra, non si vuole giungere a conclusioni che difficilmente potrebbero essere supportate da materiale documentario, ma solo porre in evidenza alcuni indizi su un fenomeno storico ancora poco investigato, ossia quello delle migrazioni di oriundi corsi nei centri logudoresi del nord Sardegna, che diedero forse vita a piccole comunità, o enclave, presto riassorbite dall'elemento autoctono logudorese.


Note

[1] F. MANCONI, Castigo de Dios. La grande peste barocca nella Sardegna di Filippo IV, Donzelli editore, Roma, 1994.



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lunedì 22 maggio 2017

Una tradizione orale cargeghese e l'epidemia di vaiolo del 1829



di Giuseppe Ruiu



Ci sono storie e racconti tramandati oralmente, generati per lo più per spaventare i più piccoli che, attraverso la paura suscitata, servissero da insegnamento e monito per il prosieguo della loro esistenza, che lo scorrere del tempo ha ammantato di leggenda - contos de foghile o paristòrias vengono definiti evocativamente in lingua sarda - ma che non di rado traggono ispirazione da eventi realmente accaduti o verosimili, che hanno impresso, magari per la loro tragicità, nella memoria collettiva il ricordo di tale evento funesto che l'oralità popolare ha tramandato, e ricamato, spesso con successivi e fantasiosi apporti, fino ai nostri giorni.

Un giorno qualsiasi di alcuni anni fa discorrendo amabilmente, come mi succedeva di frequente, con un anziano parente oggi deceduto - cultore di storia locale ed eccellente cacciatore, e dunque ottimo conoscitore di campagne, boschi e sentieri che fanno da cornice al paese di Cargeghe – il quale mi raccontò, con il suo modo serio e composto di narrare i fatti dovuto di certo al suo percorso di studi universitari, di una tradizione non troppo remota del paese, per lui assolutamente veritiera, ma che io appresi, forse perché ormai adulto, con la dovuta leggerezza che si dà in questi casi al genere di racconti poco sopra descritti.

Egli mi indicò la presenza di una domus de janas (tombe scavate nella roccia di epoca prenuragica e nuragica, denominate coronas in logudorese) di cui il paese è ricco, in un bosco a una discreta distanza dal centro abitato, all'interno della quale, nel corso di una battuta di caccia, rinvenne numerose ossa e teschi umani, che la tradizione del paese, da lui appresa da ragazzo, indicava appartenuti ad alcuni bambini morti nel corso di un'epidemia di influenza spagnola, così la definì, che falcidiò un'intera generazione di neonati cargeghesi probabilmente nel corso dell'ottocento.

La paura del contagio - continuando nel racconto - indusse gli abitanti del paese a deporre i resti di questi piccoli sventurati a debita distanza dal paese e impedire così il diffondersi, secondo loro attraverso questo macabro rituale, del contagio epidemico, forse ancora memori della peste che nel 1652, in soli due mesi, ridusse il paese a meno di un terzo dei suoi abitanti.

Qualche tempo dopo, rimossa ormai la storia a tinte fosche, mentre ero impegnato a consultare, nel corso di un lavoro di ricerca, i Quinque libri del paese presso l'Archivio Diocesano, tra le pagine ingiallite dal tempo del Liber mortuorum ottocentesco, mi imbattei in una abbastanza lunga sequenza di registrazioni parrocchiali di bambini, oltre ventisei in totale, deceduti tra la metà del mese di settembre e il mese di dicembre, con un picco di quattordici decessi nel solo mese di ottobre, dell'anno 1829. Le registrazioni, per ogni deceduto, indicano quale luogo di sepoltura l'antico cimitero dell'oratorio di Santa Croce (tranne che per un figlio di nobili tumulato nella cappella patronata di famiglia all'interno della chiesa parrocchiale) all'interno del paese, oggi non più esistente, ma che in origine, nel XVIII secolo, venne creato a fianco dell'oratorio per accogliere le salme dei confratelli della locale confraternita di Santa Croce anch'essa oggi non più operante.

I parvulus e parvula, così definiti dall'estensore - il viceparroco sacerdote Salvatore Simula, nelle classiche, e direi zoppicanti, registrazioni parrocchiali latineggianti dell'ottocento - di un'età compresa tra i pochi giorni e qualche anno, furono di certo vittime innocenti di una delle numerose ondate epidemiche che investirono la Sardegna nel corso dei secoli, e tra esse in particolare quelle di colera, di influenza spagnola, di vaiolo e della già menzionata peste bubbonica.

Solo recentemente scoprii, attraverso la consultazione di alcune fonti specifiche, in particolare gli studi pubblicati dalla prof. Eugenia Tognotti, che proprio nel 1829 una recrudescenza di vaiolo investì la provincia di Sassari causando ben 7807 vittime. In base a tale notizia documentata ritengo possano sussistere pochi dubbi circa la causa del decesso di un'intera generazione di neonati cargeghesi.

Poco tempo fa, nel corso di un'escursione campestre, mi imbattei in quella che congetturando, e in base alla descrizione fattami a suo tempo, ritengo essere stata la domus de janas dove, secondo la tradizione, vennero deposti i resti delle piccole vittime, la quale appartiene alla necropoli neolitica ipogeica di Giorrè–S'Elighe Entosu, ricca di queste antiche manifestazioni architettoniche funerarie, a poco più di un chilometro dal paese, tra querce e lecci, e immerse, o per meglio dire celate, tra la fitta macchia mediterranea che non permette un agevole passaggio.


La domus de Janas

Accesso principale


Accesso secondario 


Primo vano interno 


Secondo vano interno

Al di là della crudezza dei dati delle registrazioni parrocchiali che non menzionano mai la natura dei decessi e ancora meno menzionano un'ipotetica tumulazione in luogo non consacrato lontano da un edificio di culto, cosa considerata cristianamente inaccettabile e spaventosa da parte degli antichi, anche se altrettanto spaventosa era la paura del contagio e del diffondersi indisturbato dell'epidemia, non possiamo spingerci a legare assieme l'evento dell'epidemia del vaiolo con la tradizione popolare circa questi resti umani deposti a debita distanza dal paese, ma solo considerare che non di rado tali antiche tradizioni orali nascondono un piccolo fondo di verità documentale.

I bambini deceduti
Quinque libri di Cargeghe, libro dei morti, pp. 178-184, anno 1829

14 settembre
Domenico Dore parvulu, di Luigi e Giovanna Marongiu di Cargeghe. Età quattro mesi. Inumato nel cimitero dell'oratorio di Santa Croce.

21 settembre
Giovanna Maria Tolu parvula, di Antonio Tolu di Codrongianos e Maria Virdis di Bortigali. Età tre anni. Inumata nel cimitero dell'oratorio di Santa Croce.

29 settembre
Felicita Delogu parvula, figlia di Ambrogio Delogu e Margherita Casu di Sassari. Età otto mesi. Inumata nel cimitero dell'oratorio di Santa Croce.

1 ottobre
Francesco Satta di Don Giovanni Maria Satta vedovo di Cargeghe e Donna Maria Angela Martinez di Sassari. Età nove anni. Inumato nella cappella patronata della chiesa parrocchiale.

10 ottobre
Antonio Marongiu, fu Giovanni Maria e Maria Merella di Cargeghe. Età sette anni. Inumato nel cimitero dell’oratorio di Santa Croce.

11 ottobre
Angela Lai parvula, di Giuseppe di Cargeghe e Maria Caterina Detori di Bessude. Età due anni. Inumata nel cimitero dell’oratorio di Santa Croce.

16 ottobre
Maurizio Demartis parvulus, di Giovanni e Maria Leonarda Manca di Cargeghe. Età tre giorni. Inumato nel cimitero dell’oratorio di Santa Croce.

17 ottobre
Domenica Angela Cabras parvula, di Giuseppe e Giovanna Angela Masala di Codrongianos e domiciliati a Cargeghe. Età un mese e quindici giorni. Inumata nel cimitero dell’oratorio di Santa Croce.

20 ottobre
Francesco Luigi Bacchiddu parvulus, di Giovanni Antonio di Cargeghe e Margherita Satta di Florinas. Età otto mesi. Inumato nel cimitero dell’oratorio di Santa Croce.

23 ottobre
Maria Maddalena Serapia Pitalis parvula, di Serapio e Maria Tanca di Cargeghe. Età tre anni. Inumata nel cimitero dell’oratorio di Santa Croce.

23 ottobre
Nicoletta Tolu parvula, di Giuseppe e Maria Raimonda Tanca di Cargeghe. Età un anno. Inumata nel cimitero dell’oratorio di Santa Croce.

24 ottobre
Rosa Nuvoli di Sebastiano di Ossi e Paola Marongiu di Cargeghe. Età sei anni. Inumata nel cimitero dell'oratorio di Santa Croce.

26 ottobre
Giovanna Angela Masala parvula, di Gavino e Giovannina Merella di Cargeghe. Età due mesi. Inumata nel cimitero dell'oratorio di Santa Croce.

26 ottobre
Maria Rita Solinas parvula, di Salvatore Angelo di Pozzomaggiore e Giovanna Piana di Cargeghe. Età un anno. Inumato nel cimitero dell'oratorio di Santa Croce.

28 ottobre
Vittoria Dore fu Domenico e Maria Luigia Nurra di Cargeghe. Età dodici anni. Inumata nel cimitero dell'oratorio di Santa Croce.

29 ottobre
Giovanni Maria Delogu parvulus, di Nicola di Nughedu e Maria Maddalena Sanna di Cargeghe. Età cinque mesi. Inumato nel cimitero dell'oratorio di Santa Croce.

29 ottobre
Maddalena Cherchi parvula, di Gavino e Sebastiana Pinna di Cargeghe. Età sei anni. Inumata nel cimitero dell'oratorio di Santa Croce.

29 ottobre
Giuseppe Antonio Tolu parvulus, di Giuseppe e Maria Gavina Camboni di Cargeghe. Età tre anni e nove mesi. Inumato nel cimitero dell'oratorio di Santa Croce.

4 novembre
Antonio Raimondo Nuvoli, parvulus, di Sebastiano di Ossi e Paola Marongiu di Cargeghe. Età un anno. Inumato nel cimitero dell'oratorio di Santa Croce (secondo figlio della coppia deceduto - nda).

5 novembre
Salvatore Giovanni Casu parvulus, di Antonio di Cossoine e Giovanna Maria Merella di Cargeghe. Età un anno. Inumato nel cimitero dell'oratorio di Santa Croce.

6 novembre
Maria Rosa Bazzoni parvula, di Giovanni e Maria Anna Tolu di Cargeghe. Età nove mesi. Inumat nel cimitero dell'oratorio di Santa Croce.

11 novembre
Francesco Gavino Maria Sanna parvulus, di Giuseppe di Sassari e Angela Fois di Cargeghese. Età due mesi e mezzo. Inumato nel cimitero dell'oratorio di Santa Croce.

8 dicembre
Angelo Francesco Manca parvulus, di Pietro di Cargeghe e Maria Bonaria Dore di Pozzomaggiore. Età due mesi. Inumato nel cimitero dell'oratorio di Santa Croce.

20 dicembre
Giovanna Maria Bazzoni parvula, di Francesco e fu Quirica Pitalis di Cargeghe. Età un anno e tre mesi. Inumata nel cimitero dell'oratorio di Santa Croce.

20 dicembre
Francesco Maria Bazzoni parvulus, di Sebastiano di Cargeghe e Vittoria Masala di Ossi. Età due mesi. Inumato nel cimitero dell'oratorio di Santa Croce.

29 dicembre
Thomas Cherchi parvulus, di Gavino e Sebastiana Pinna di Cargeghe. Età sei giorni. Inumato nel cimitero dell'oratorio di Santa Croce.

Per il mese di gennaio non si riscontrano ulteriori decessi.

Bibliografia

- Salvatore Merella, Giorrè-S'Elighe Entosu. La necropoli neolitica a domus de janas di Cargeghe, Cargeghe 2007, Biblioteca di Sardegna, Documenta Edizioni.

- Eugenia Tognotti, Ambiente, uomini e malattie nella Gallura moderna e contemporanea In: Brandanu, Salvatore (a cura di). La Gallura, una regione diversa in Sardegna: cultura e civiltà del popolo gallurese, San Teodoro 2001, I.CI.MAR. Istituto delle Civiltà del Mare. p. 141-154.

- Eugenia Tognotti, L'anno del colera: Sassari 1855 , Sassari 2000, Edes.

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venerdì 28 aprile 2017

Monsignor Salvatore Tolu di Cargeghe, arcivescovo arborense: 1899-1914



a cura di Giuseppe Ruiu


Si riportano gli articoli giornalistici della Nuova Sardegna, tra fine ottocento e primi novecento, che tratteggiano la vicenda terrena di mons. Salvatore Tolu (Cargeghe, 24.05.1848 – Sassari, 30.01.1914), una delle personalità più eminenti della storia cargeghese. Arcivescovo di Oristano dal 19 giugno 1899 al 30 gennaio 1914, anno della sua morte.
Articoli estratti da: Giuseppe Ruiu (a cura di), Cargeghe nelle cronache dell'Otto-Novecento. Sotto l'egida di Inedita - Centro di documentazione culturale, Magnum-Edizioni, Sassari 2004.


Articoli

La Nuova Sardegna, 20 giugno 1899
Per l'Arcivescovo di Oristano

CARGEGHE, 17. - La nomina del nostro esimio compaesano canonico Tolu ad arcivescovo di Oristano, fu appresa con vivo compiacimento da tutta la popolazione.
Il consiglio comunale si è fatto interprete dei sentimenti di questa, votando, su proposta del sindaco, un indirizzo di felicitazione al nuovo arcivescovo.

*
La Nuova Sardegna, 06 dicembre 1899
Il nuovo Arcivescovo di Oristano

La Sardegna Cattolica pubblica cenni biografici su monsignor Salvatore Tolu, nato a Cargeghe nel 1848. appresi i rudimenti della grammatica e delle belle lettere presso dei Padri Scolopi, di Sassari, auspice il tanto benemerito della pubblica istruzione padre Tommaso Carta, ed ammesso come alunno in questo seminario tredentino, frequentava poi nel liceo e nella R. università i corsi di filosofia e di sacra teologia, nella quale conseguì la laurea dottorale, fra le ultime conseguite (l'ultima - ndc) nella facoltà, prima che ne avvenisse la soppressione.
Il dottor Diego Marongio lo chiamò come segretario appena assunto al seggio arcipescopale.
La Sardegna aggiunge:
Elevato a sua insaputa, anzi quasi riluttante alla mitra dell'archidiocesi di Arborea, oltre al largo corredo delle proprie virtù e di molta dottrina, frutto di uno studio indefesso, vi porta quel tatto aquisito e quello spirito di sana moderazione non disgiunta da energica fermezza, che ebbe campo di acquistare nella diutura convivenza col Marongio.
L'archidiocesi di Oristano ebbe altri tre arcivescovi provenienti dal Capitolo Turritano cioè: nel 1578 Francesco Figo, nel 1588 Antonio Canopolo, nel 1641 Pietro Vico tutti tre Sassaresi.

*
La Nuova Sardegna, 24 dicembre 1899
Il nuovo arcivescovo di Oristano
(Nostro telegr. Part.)

Roma, 23, ore 12, (Sm.) - L'altro ieri il cardinale Parrocchi consacrò monsignor Tolu, arcivescovo di Oristano.
Alla cerimonia, che ebbe luogo nella chiesa della Missione, assistevano molti sardi.
Dopo aver presenziato l'apertura della porta santa, ripartirà per Sassari, quindi si recherà ad Oristano per prender possesso dell'archidiocesi.

*
La Nuova Sardegna, 28 dicembre 1899
L'arcivescovo di Oristano
(Nostro telegr. Part.)

Roma, 27, ore 13,55 (Sm.) - L'arcivescovo Tolu, salutato da parecchi sardi, è partito per Sassari, donde proseguirà per Oristano.

*
La Nuova Sardegna, 2 gennaio 1900
L'arcivescovo d'Oristano a Cargeghe

CARGEGHE, 31. - Oggi abbiamo avuto la visita dell'arcivescovo d'Oristano monsignor Tolu. Il paese nativo come era dovere gli ha fatto lietissime accoglienze. L'inaugurazione fu assolutamente trionfale alle funzioni religiose nella parrocchia.
Le parole di circostanza, dette dal parroco dott. Pilo, furono accolte con entusiasmo. L'arcivescovo ne restò commosso. Tutte le autorità gli hanno reso visita.

Porzione di via Brigata Sassari a Cargeghe 
un tempo via Arcivescovo Tolu

 Mappa dell'abitato di Cargeghe nel 1901 dove 
si evidenzia la via dedicata all'arcivescovo


La Nuova Sardegna, 5 gennaio 1900
L'arcivescovo di Oristano

ORISTANO, 3. - Il nuovo arcivescovo monsignor Tolu arriverà qui il giorno sette del corrente mese.

*
La Nuova Sardegna, 12 gennaio 1900
Vita paesana

CARGEGHE, 7. - L'egregio arcivescovo d'Oristano mons. Tolu, partì da Cargeghe diretto per Banari, patria dell'illustre arcivescovo Marongiu. È superfluo il dire che come fu cordialmente ricevuto nella sua diletta patria con segni straordinari di simpatia e d'affetto, così venne accompagnato all'atto della sua partenza fino a Florinas, ove fece brevissima sosta tra gli evviva della popolazione, la quale unì, con grande scorta di cavalli e cavalieri, le proprie bandiere alle sventolanti di Cargeghe.
Auguriamo all'arcivescovo Tolu, il viaggio alla sua sede d'Arborea la quale sarà memore delle sue illustre tradizioni in simili ricorrenze.


 Attestato delle reliquie dei SS Martiri Quirico e Giulitta 
patroni di Cargeghe, che mons. Tolu riuscì ad ottenere dal 
Vaticano nel 1900 per farne dono al paese natio 
(Archivio parrocchiale)


La Nuova Sardegna, 19 gennaio 1900
L'arrivo dell'arcivescovo

ORISTANO, 5, - Sabato venti l'arcivescovo Tolu verrà ad occupare il seggio arborense dopo che domenica scorsa ha preso possesso per procuratore nella cattedrale insolitamente gremita di popolo. L'avvenimento interrompe l'uggia dei giorni invernali.
L'arrivo del nuovo arcivescovo è qui vivamente atteso, ed aggiungo, da imparziale cronista, che in generale ha prodotto buona impressione il suo contegno nelle diverse circostanze verificatesi dalla elezione ad oggi, avendo spiegato carattere dignitoso, indipendente e franco, di un governo giusto e senza favoritismi e nepotismi, da molto desiderato in questa archidiocesi. Egli si è solo limitato nello scegliere il personale mobile sia del seminario sia della curia arcivescovile ad eleggere, se male non sono informato, il solo vicario generale, confermando il vicario capitolare cessante; circa il resto se nulla ha innovato niente neppure ha confermato, dal che deducesi che sia informato di molti malumori, di molte cose da riformare. Ed io da fedele cronista, dirò se la sua sarà un'opera veramente risanatrice.
Nello stemma gentilizio portato in testa alla pastorale latina, pubblicata la sera della presa di possesso, osservasi una serie di torri, alcuni alberi vicini ad un colle ed un piccolo golfo col sole. Che simboleggia questo simpatico panorama? Forse che Arborea troverà nel nuovo arcivescovo una grande fortezza, alla luce del sole? Sia così, ma l'illustre prelato veda che questo sole rimanga sempre limpido, ed eviti che qualche astro tramontante – se non già tramontato – lo oscuri.
Dalla detta pastorale, si è appreso con piacere di un certo «prestigio» che costì gode questo capitolo. Noi veramente non ci eravamo accorti ancora di questa aureola di gloria che circonda i nostri canonici. Bello il ricordo del fu arcivescovo Sotgiu, vero modello di eccellenti virtù e tutti lo ricordano con venerazione, come eloquente il silenzio per qualche altro arcivescovo, un solo accenno al quale avrebbe portato una nota stridente sensibilissima.
E chiudo dicendo che Oristano ha sempre accolto con entusiasmo i nuovi ospiti e neanche questa volta rimarrà indifferente al proprio avvenimento, a meno che il tempo piovoso non continui a congiurare contro di esso. - UN LETTORE

*
La Nuova Sardegna, 23 gennaio 1900
Ingresso del nuovo arcivescovo

ORISTANO, 21. - Una folla straordinaria ieri si accalcava nei pressi e dentro la stazione, ad attendere il nuovo arcivescovo mons. Tolu.
Alle 14 tutte le autorità, il vicario generale can. Cherchi, il sindaco senatore Parpaglia e vari consiglieri, il sottoprefetto Pabis, il capitano dei carabinieri sig. Peyron, il capitano di fanteria sig. Deidda, il procuratore del re avv. Dore, molti rappresentanti dei sodalizi religiosi e società locali, con uno stuolo immenso di cittadini, trovavansi nell'atrio della stazione. Alle 14,10 monsignor Tolu accompagnato da vari prelati scendeva dal treno e strinse calorosamente la mano e baciò con effusione il sindaco Parpaglia. Passati alla sala d'aspetto di prima classe gli furono presentate le autorità predette.
Molti applausi di quei che si trovavano fuori la stazione salutarono l'arcivescovo al suo uscire da questa per recarsi alla chiesa di Santa Caterina, la qual gita avvenne in carrozza. Facevano ala le guardie comunali, mentre i carabinieri vegliavano a mantenere l'ordine pubblico che non fu mai menomamente turbato.
Giunto alla chiesa anzidetta dove l'attendevano il capitolo coll'alto clero ed i chierici conforme il rito, l'arcivescovo inginocchiatosi sull'altare maggiore baciò il crocifisso presentatogli da un canonico, e vestiti gli indumenti episcopali mosse processionalmente alla metropolitana gremita di popolo come nei giorni più solenni. Nella piazza Mercato, via Dritta, piazza Eleonora e via cattedrale la folla era straordinaria. Spettacolo immensamente pittoresco. Dai balconi e dalle finestre, nelle vie percorse dal corteo pendevano drappi, damaschi ed arazzi richissimi. Giunti nella cattedrale l'arcivescovo si assise sulla cattedra interna del coro.
Quindi uscito dal coro e salito sul pulpito rivolse la sua parola, molto commosso, ai fedeli, poi tornò al soglio; tutti i canonici, cappellani e parroci andarono a baciargli la destra, mentre l'organo maggiore suonava.
E qui ebbero termine le funzioni di rito.
Il nuovo arcivescovo dispose perché a sue spese siano distribuite ai poveri mille ministre dalle cucine economiche.
La distribuzione incominciò ieri, male minestre, oltre avere sofferto una notevolissima diminuzione, erano assolutamente immangiabili.
Così si amministra da noi la carità da chi ogni momento fa sfoggio di filantropia. - Termidoro.

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La Nuova Sardegna, 27 gennaio 1900
La pastorale dell'arcivescovo di Oristano

ORISTANO, 25. - È stata pubblicata nella lingua del Lazio una bella pastorale dell'arcivescovo mons. Salvatore Tolu nella quale con stile veramente classico sono espresse alte e sante idee.
Il Tolu, dopo aver rivolto il suo saluto al venerando arcivescovo monsignor Marongio, all'arciprete Nurra, ai canonici della nostra cattedrale, ecc., dice:
«Vale, sassaris alma, dulcis altera patria nostra, quae animun moribus, religione atque doctrina informasti, quae in nostra electione cumulatissime dilectionis testimonia praebuisti».
E più innanzi:
«Salve itaque inclyta Arborea. Vinea Domini sabaoth, electa quam nec aper de sylva ausus est exterminare, aut singularis ferus depascere, nec vulpes quidem demoliri.
Etenim filii tui qua sardoa animi fortitudine nativam libertatem invadentibus, ita ut. Tu sola in Sardinia fieres nationalis regiminis propugnaculum, eadem ipsa hostibus restiterunt fidei, cui amplectendae quo dificiliores inventi sunt, ed tenaciores in servanda evaserunt, inque eo firmi sicut rupes tui Genargentu et mori potius quam foedari tui invicti Archelai et invincibiles Iustae».
La pastorale, che finisce ricordando l'anno santo, è datata da Roma.

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La Nuova Sardegna,1 febbraio 1900
Vita paesana

CARGEGHE, 30. - La notte del 26 corrente cessava di vivere ad Oristano la signora Francesca Demartis, di Cargeghe, di anni 74, madre all'insigne monsignor Tolu, arcivescovo d'Oristano. Fu una donna donna attiva e laboriosa; educò una famiglia virtuosa ed il paese natio la chiamava madre dei poveri.
Lascia un vuoto non solo nella famiglia, ma nell'intiera popolazione, che all'apprendere l'infausta notizia, ne lacrimò l'irreparabile perdita. Godette un'effimera consolazione per l'elezione del figlio all'episcopato; si era recata ad Oristano per assistere all'ingresso trionfale del figlio nell'illustre città.
I funerali furono imponentissimi. Tutta la città, senza distinzione, vi prese parte.
I parenti della buona estinta, commossi, mandano i più vivi e sentiti ringraziamenti al capitolo, alle autorità tutte ed alla buona cittadinanza d'Oristano, la quale ebbe slancio di sentito affetto nella dolorosa circostanza. Specialmente i due prelati, il vicario generale ed il canonico Zunnui, interpreti del voto del capitolo arborense, stettero al lato dell'inferma, e la assistettero fino all'ultimo. - X.

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La Nuova Sardegna,30 gennaio 1914
La morte improvvisa di mons. Tolu
arcivescovo di Oristano

Stamane quasi improvvisamente, è morto nella sua abitazione, in piazza d'armi n. 3, l'arcivescovo di Oristano, monsignor Giovanni (Salvatore – ndc) Tolu.
Il venerando uomo da cinque o sei giorni era infermo per un attacco d'influenza. Le sue condizioni erano però migliorate, tanto che per oggi il medico curante, il dott. Giovanni Fiori, gli aveva dato il permesso d'alzarsi, ciò che faceva verso le 13.
improvvisamente cadde riverso fra le braccia del nipote. Chiamato subito il dott. Fiori, questi constatò trattarsi di paralisi cardiaca. Ogni cura fu inutile e poco dopo mons. Tolu spirava.
Il parroco di S. Giuseppe, che accorse per prestare i conforti religiosi al morente, lo trovò già cadavere.
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Monsignor Tolu era nato a Cargeghe nel 1848 da Nicolò Tolu, modesto proprietario, e da Francesca Demartis. Studiò teologia a Sassari, e conseguì la laurea nella nostra università. Quindi fu segretario dell'arcivescovo di Sassari, mons. Diego Marongiu Delrio, ed in tali qualità, nell'aprile del 1899, accompagnò l'arcivescovo di Sassari nella visita ad Umberto I, allora venuto a Sassari.
Era pure professore emerito di diritto nella facoltà pontifica turritana. Fu quindi creato canonico, e poi canonico primaziale a Sassari.
Nel 1899 venne nominato arcivescovo di Oristano, acquistando anche i titoli di vescovo di S. Giusta e barone di Orcai, inerenti alla sua carica. Da cinque anni si trovava in tristi condizioni di salute e da qualche tempo si era trasferito a Sassari, dove, circondato dai famigliari e dagli intimi, è oggi morto.
Era buon oratore sacro e colto teologo; e tale si rivelò fin dalle prime lettere pastorali rivolte ai fedeli dell'archidiocesi; fra gli studiosi la notizia della sua morte verrà appresa con rimpianto.
I solenni funerali non avranno luogo prima di domenica.

 La probabile abitazione sassarese di mons. Tolu 
posta in Piazza d'Armi n. 3, oggi civico 13


La Nuova Sardegna, 31 gennaio 1914
La salma di monsignor Tolu
esposta nella camera ardente

La salma del compianto arcivescovo Tolu, vestita dei paramenti sacri, verso le 15 d'ieri fu trasportata nella cappella della sua abitazione e deposta su un tavolo di fronte all'altare.
L'addobbo è severo e semplicissimo.
Ai quattro angoli del tavolo sono quattro grossi ceri. Alcune suore domenicane si danno il turno.
Il pubblico, ammesso a visitare la salma, circola nella stanzetta vivamente commosso.
Il viso del defunto arcivescovo appare sereno e composto nella calma della morte.
Dalle prime ore di stamane varii sacerdoti e canonici del Duomo si alternano ininterrottamente nell'altare celebrando messe.
Ieri sera, appena conosciutasi la notizia, vennero da Cargeghe e da Florinas, numerosi parenti ed amici del compianto arcivescovo.
Monsignor Piovella amministratore apostolico dell'archidiocesi di Oristano di cui il Tolu era titolare, telegrafò vivissime condoglianze a nome del clero e della popolazione d Oristano, annunziando che stasera arriverà a Sassari insieme con vari canonici per prender parte ai funerali. Questi avranno luogo in forma solenne domattina alle 10,30. Vi interverranno il capitolo turritano al completo e tutte le confraternite ed associazioni religiose.
Continuano a pervenire da tutta l'isola numerosi telegrammi di condoglianze.


 Necrologio sul quotidiano La Nuova Sardegna 
del 31 gennaio 1914


La Nuova Sardegna, 1 febbraio 1914
Cronaca di Sassari
I funerali dell'arcivescovo Tolu

Stamane alle ore 10 e mezza ebbero luogo i funerali di monsignor Tolu, arcivescovo di Oristano, spirato quasi improvvisamente venerdì mattina.
Fin dalle 9 la folla cominciò a radunarsi nella piazza D'Armi, dove era l'abitazione del defunto, e dove giungevano man mano le confraternite e gli istituti pii della città, e sempre nuova folla di fedeli, di popolani e di curiosi.
Verso le 10,30 il lungo corteo comincia a ordinarsi ed a svolgersi per la piazza D'Armi.
È aperto dalle bambine abbandonate, dalle sordomute, dalle orfane, dall'asilo maschile e femminile, dalle suore domenicane. Seguono le confraternite di Santa Maria, del rosario e la confraternita maschile femminile del Sacro Cuore.
Viene quindi a breve distanza il clero delle varie parrocchie di Sassari, con le grandi croci parrocchiali. E precedute dal seminario locale.
Seguono poi il capitolato turritano e tutto il clero della città con l'arciprete Cherchi. Essi precedono di poco monsignor Piovella, vescovo d'Alghero e amministratore apostolico di Oristano. Egli ha ai fianchi il provicario di Sassari e il vicario generale di Oristano. Immediatamente vengono dietro il vicario generale di Alghero, i parroci di Ossi e di molti altri paesi vicini.
Dopo questo lungo corteo viene la bara coperta da un panno violetto che è portata a braccio dalla confraternita del rosario ed i cui cordoni sono tenuti da vari preti.
Né sulla bara, né dietro vi sono dei fiori.
Chiudono il corteo il sindaco di Cargeghe con vari consiglieri comunali e moltissimi fedeli che seguono il corteo recitando preghiere.
Il corteo si muove alle 11 e facendo il giro della piazza D'Armi, si reca nella chiesa di San Giuseppe, dove mons. Piovella celebrò solennemente nella chiesa stipata di gente, la messa funebre pontificale.
Prima dell'assoluzione il canonico teologale della Cattedrale di Oristano mons. Litarra fa l'elogio funebre dell'estinto.
Indi l'interminabile corteo riprese l'itinerario muovendo dalla chiesa alle 12,30, e attraversando le vie principali della città si recò al cimitero.


 Il Sepolcrum Archiepiscoporum dove si trova la tomba 
dell'arcivescovo, all'interno del cimitero di Sassari

La tomba, con il ricordo per l'amato maestro mons. Marongio-Delrio 
arcivescovo Turritano, del quale mons. Tolu fu segretario

Lo stemma arcivescovile, oggi consunto dal tempo

 Nel medesimo sepolcrum si trova anche la tomba del nipote prediletto: 
mons. Nicolò Tolu, canonico teologale della primaziale di Sassari


La Nuova Sardegna, 2 marzo 1914
In memoria di monsignor Tolu

ORISTANO, 1. - Domani, nel nostro duomo, si faranno solenni esequie di trigesima, in suffragio dell'anima di mons. Salvatore Tolu, arcivescovo arborense.
Reciterà l'elogio funebre mons. Luca Canepa, vescovo di Nuoro.


Appendice

Registrazione di battesimo di mons. Tolu: Quinque libri di Cargeghe, libro dei battesimi n. 8, pp. 160-161, Archivio Storico Diocesano di Sassari.

Anno Domini Millesimo octigentesimo quadragesimo octavo. Die vigesima sexta maii. Cargeghe.
Ego subscriptus huyus Parochialis Ecclesia Sanctorum Martyrum Quirici, et Julitae Parochus baptizavi infantem natum die quarto vigesima quarta dicti mensis hora undecima nocturna ex legitimis conjugibus Nicolao Tolu, et Francisca Demartis hujus oppidi, cui nomen imposui Salvator Patrini fuere Nobilis Antonius Corda oppidi de Boruta, filius quondam Michaelis Banarensis, et viventis Josephae Corda, et Nobilis Nicoletta Solinas hujus loci, filia viventium Joannis Baptistae, et Ephisia Nurra hujus oppidi In quorum fidem.
Laurentius Nurra Rector

(Anno del Signore milleottocentoquarantotto. Giorno ventisei maggio. Cargeghe.
Io soprascritto parroco di questa chiesa parrocchiale Santi Martiri Quirico e Giulitta battezzavo infante nato il giorno ventiquattro di detto mese all'ora undicesima notturna dai legittimi coniugi Nicolò Tolu e Francesca Demartis di questo luogo, cui nome imposi Salvatore. Padrini furono il nobile Antonio Corda di Borutta figlio del fu Michele banarese e vivente Giuseppa Corda, e nobile Nicoletta Solinas di questo luogo, figlia del vivente Giovanni Battista e Efisia Nurra di questo luogo. In quorum fidem. Lorenzo Nurra rettore.)

 Stilizzazione della mitra arcivescovile a lato della 
registrazione di battesimo di mons. Tolu, fatta da don 
Sechi parroco di Cargeghe, alla metà del XX° secolo


Mons. Salvatore Tolu fu l'ultimo laureato¹ – l'11 agosto 1873 - della facoltà Teologica dell'Università di Sassari prima della sua soppressione nel 1873.

¹ Giuseppe Zichi, Gli studi teologici, pag. 200, in: Antonello Mattone (a cura di), Storia dell'Università di Sassari, volume primo, Ilisso Edizioni, Nuoro 2010.



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