venerdì 7 agosto 2020

Carieke e i condaghes in età medievale

 

MARCO SANNA


Carieke e i condaghes in età medievale*


Tale centro della curatoria ficulinese sorse in epoca altomedievale in continuità presumibilmente con un precedente insediamento agricolo d’età repubblicana, attestato da ritrovamenti di materiali fittili (II a.C.-VII)¹. L’ubicazione del Carieke medievale è da ricercare nel sito campestre di Santu Pedru, dove era presente l’omonima chiesa², dalla quale provengono diversi elementi d’un ingresso in pietra calcarea, ora inglobati in un’abitazione privata all’interno del moderno abitato, in corso di studio. In epoca e per ragioni non meglio precisabili – entro comunque la seconda metà del XIV secolo –, avvenne il trasferimento nell’attuale sito, già sede d’un precedente stanziamento nuragico³ e tardoromano, per quanto la coesistenza dei due centri demici siano concepibili, seppur per breve tempo, alla luce di quella situazione di distribuzione demografica peculiare del Medioevo, caratterizzata da una moltitudine di piccoli agglomerati o cortes, andati successivamente incontro ad accentramento d’abitato. A breve distanza dal sito in questione sorgevano inoltre Muskianu (odierna località Muscianu-Codrongianos), popolato da 30 fuochi nel 1358 e già spopolato nel 1425, e Contra, al quale Carieke era collegato da un sentiero, luogo di un’antica processione. La nascita di Contra, modesto agglomerato di case creatosi attorno alla pieve di S. Maria di Cargeghe e umile “romitorio” camaldolese piuttosto che villa, è certamente successiva a quella di Carieke, e da circoscrivere fra XII e XIII secolo; l’abbandono deve riferirsi ai secoli XIV-XV¹⁰.

La pieve di Contra venne anche infelicemente identificata coi ruderi della cappella di Santa Maria ‘e Fenu-Codrongianos¹¹ o con la cappella della distrutta villa di Urieke¹². L’edificazione è attribuibile a maestranze toscane operanti nelle curatorias di Florinas e Gocèano nella seconda metà del XII secolo; l’edificio compare per la prima volta nella bolla (7/3/1125) del pontefice Onorio II, dove si legge, a proposito della Sardinia Insula, sanctae Mariae in Contra¹³ (dipendente dalla S.S. Trinità di Saccargia) fra i possedimenti dell’Ordine del S. Salvatore di Camaldoli nel Regno di Torres¹⁴. Presenta un’unica navata absidata ad E con semicupola a tutto sesto, privata delle cornici

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¹ MANCA DI MORES 1998, p. 769. Fra questi uno ziro con ingrappatura plumbea circolare (SPANO 1870, p. 24), pertinente ad una necropoli ad enchytrismós della quale non è nota l’estensione.

² V. SODDU 1998, pp. 133, 152.

³ SPANO 1854, p. 17; SPANO 1870, p. 24. Non sussistono oggi tuttavia prove tangibili della frequentazione nuragica.

 MANCA DI MORES 1997, p. 147; MANCA DI MORES 1998, p. 769. La frequentazione tardoromana è attestata da un sepolcreto ad enchytrismós (MANCA DI MORES 1998, p. 769) e dai rinvenimenti Spano 1869, consistenti in anfore appuntate, e giarre piene d’ossa, nonché pietre coniche fisse al suolo in forma di sepolture da gigante, presumibilmente cippi funerari romani (attualmente, forse, scomparsi), e dunque databili a partire dal I-III secolo, come presupposto dal Tore (TORE 1998, p. 49).

 La tradizione locale è tuttora memore dell’antica ubicazione dell’abitato; pure per Florinas, ad esempio, la tradizione recita che la sede originaria fosse ubicata a circa 1 km di distanza dall’attuale (DAY 1987, p. 169).

 DAY 1973, p. 92.

 MANCA DI MORES 1998, p. 769.

 MANCONI 1960, p. 17.

 Il cognome de Contra, contrariamente al corrispondente toponimo, è ampiamente attestato nei documenti medievali, seppur presumibilmente non sempre attribuibile al villaggio in questione (CSPS 104; CSNT 208, 209; CSMS 134, 136, 212).

¹⁰ DAY 1987, p. 321.

¹¹ DAY 1973, p. 92.

¹² BONAZZI 1900, p. 142. Ciò è anacronistico, in quanto la menzione di Sancta Maria d’Urgeke in CSPS 36 è riferibile al 1073-ante 1082, allorché la chiesa di Contra non era ancora stata edificata.

¹³ MARTINI 1841, p. 417; CDS 37.

¹⁴ CORONEO 1993, p. 136; SODDU 1998, p. 134.

di chiusura¹⁵. La muratura, a sacco, è realizzata senza bicromia in conci medi di calcare e radi elementi trachitici, giustapposti con malta di calce aerea senza apparenti segni di discontinuità¹⁶. La facciata, larga 5,25 m, mostra campanile a vela sormontato da una crocetta in pietra, entrambi di fattura secentesca, luce cruciforme (corrisposta nel frontone E), coppia di peducci litici atti a reggere una tettoia lignea, e semilunetta a tutto sesto (al cui interno i blocchi lavorati sono disposti a formare una croce). Il lato S comprende una monofora con doppia strombatura analogamente a quello N, dove è presente un secondario ingresso alla chiesa, seriore rispetto all’impianto, accompagnato sulla destra da un’acquasantiera a conchiglia in roccia marmosa di realizzazione secentesca; in entrambi, esiste un piccolo arco ogivale a lato dell’abside e allineato con la cornice della medesima¹⁷, oggi visibile solo nel lato S, poiché nel fianco settentrionale è stato coperto dalla costruzione di un avversato portico¹⁸. Alla base e alla sommità dei muri corrono cornici di gronda, ribassate nei lati N e S. È una delle più piccole chiese romaniche dell’Isola¹⁹ assieme a S. Maria di Otti-Òschiri, con la quale presenta diverse analogie.

Più articolato appare il sistema stradale gravitante attorno agli insediamenti, rimaneggiato o reimpiantato per lo più su precedenti fondi romani, collegante i vari centri demici tramite diverticula convergenti principalmente verso la a Turre Caralis. Il reticolo di comunicazioni, nel suo insieme, si sviluppa all’interno dello spazio delimitato dalla Via Turresa e dal suo diverticulum di Ossi²⁰. Da questo si distaccava, primo da N, il tracciato di Bajolu²¹ che, dopo un percorso di 800 m, giungeva non lontano dal sito dell’odierno abitato, dal quale presumibilmente discendeva a valle, fino a ricongiungersi all’arteria madre, passando per il sito d’età repubblicana di Santu Pedru-Santu Pihhóppiu²², come confermerebbe la presenza d’alcuni tratti in selciato²³. Pressoché 800 m a SSE della precedente diramazione, presso il nuraghe Colt’‘e Lòttene-Ossi, doveva prendere avvio la carreggiata visibile presso la località Funtana ‘e Cantareddu, la quale, dopo 250 m ca. di pavimentazione poligonale in direzione E, viene meno nuovamente, difettando di qualsiasi collegamento, per quanto qualche traccia parrebbe discernibile nel valico di Magola, maggiore valico della catena del Giorrè e punto di penetrazione all’area retrostante – nonché di discesa da questa²⁴.

La prima menzione del villaggio con la chiesa di sanctu Petru è contenuta in una scheda databile ante 1063-1065 del condaghe di Silki assieme alle famiglie de Nussas e de Funtana²⁵.

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¹⁵ Un elemento di tali cornici è stato inglobato nel paramento del lato E in occasione d’un riattamento della zona absidale.

¹⁶ L’ambiente interno, con copertura lignea a capriata ed originariamente pavimentato con conci squadrati, misura lung. 8 m ca. × larg. 4 ca., con altezza, all’imposta delle capriate, di 4,5 m.

¹⁷ CORONEO 1993, p. 144.

¹⁸ V. MOSSA 1988, p. 29.

¹⁹ RCV, p. 165.

²⁰ BELLI 1988, p. 339.

²¹ MANCA DI MORES 1998, pp. 767-769; DE MURTAS 2000, p. 182.

²² Sull’estensione globale dell’insediamento v. MANCA DI MORES 1998, p. 769.

²³ MANCA DI MORES 1998, p. 769.

²⁴ Da non sottovalutare la disposizione a raggiera attorno all’imboccatura del valico dei siti di frequentazione, o pure d’insediamento, d’età romana.

²⁵ CSPS 24: “Parthitura – De servis: EGO prebiteru petru iscarpis, ki parthibi cun prebiteru Gavini pithale a ffiios de istefane de nussas e de maria de funtana, ki furun de sanctu petru de silki, e de sanctu petru de carieke. A justa, et a Bona, et a elene, leuaitilos sanctu petru de silki; et a migali, et a petronella et a barbara, et a petru leuaitilos sanctu petru de carieke”. Infelicemente Cargeghe è stato confuso svariate volte (v. TOLA 1861, p. 14; BONAZZI 1900, p. 132; DI TUCCI 1912, p. 264; TARAMELLI – MINGAZZINI 1940, p. 126; DEMELAS 1941, pp. 69-70; PORCHEDDU 1997, p. 29 ecc.) col vicino centro medievale, ormai distrutto, di Urieke, pieve e sede di corona della curatoria, localizzabile presso la rovinosa chiesa di Santu Barore-Florinas, privata del tetto e della facciata durante l’uragano del 1832 (v. TETTI 1997, p. 303, fig. 8); il vicino nuraghe conserva difatti tuttora la denominazione di Runagh’‘e Uszeghe [ARU – LODDO 1922, p. 97; TARAMELLI – MINGAZZINI 1940, p. 126; il gigantinu segnalato da quest’ultimo è ormai pressoché non distinguibile, come d’altronde gli impianti abitativi, ancora discernibili a metà ‘700, come risulta da inediti documenti dell’Archivio di Stato di Sàssari]). Riferibili a questo villaggio dovrebbero anche essere le cappelle di Sancta Maria d’Urgeke (CSPS 36; 1073-ante 1082) e San Pedro d’Uryeque (CSMS 14, 15; 1198-ante 1218), localizzate purtroppo anche queste in

Successiva citazione si ha nella trascrizione cinquecentesca di una scheda risalente al 1147-1191 del Condaghe di S. Michele di Saivénneru, relativa alla donazione di un salto presente non lontano da Cargeque²⁶.

Del territorio attualmente di pertinenza comunale di Cargeghe le fonti medievali citano le località di Sette Chehhos²⁷ e (presumibilmente) Sa Luzzana²⁸, entrambi sede d’un salto, nonché, finora privo di identificazione, il toponimo Gurellu, citato in CSPS 420 (post 1210) in quanto presso Codrongianos e riconoscibile nell’attuale toponimo cargeghese Burégliu, sito al confine col territorio del suddetto comune.

L’attestazione in CSMS 317, 336, 338 del cognome de Gusalla, porta all’identificazione di una località d’insediamento così denominata, non citata d’altronde in alcun documento medievale. Tale centro, tuttavia, può essere localizzabile presso la località Busadda, a 2,8 km da Cargeghe, lungo la sponda destra del Riu ‘e Mulinu, nel sito pressoché dell’attuale S.P. 131. La citazione, inoltre, del suddetto cognome in CSNT 255, 264 è con ogni probabilità da riferire ad un secondo Gusalla o Gusalle, da collocare in Montiverru, come presuppone il toponimo Busadde-Cùglieri. Naturalmente questa ipotesi è stata avanzata unicamente per le menzioni, d’altronde scarse e coeve, contenute in un condaghe di Ploaghe, mentre altrettanto sarebbe audace supporre per la località Cabatténneru-Cargeghe ed il cognome de Capat(t)hennor, ampiamente documentato in tutto il condaghe di Silki dal XI al XIII secolo, e per le località più eterogenee (Ploaghe, Porto Torres, Thiesi, Uri; CSPS 6, 12, 27, 121, 191, 297, 303, 378), riscontrabile anche nel condaghe di Trullas (CSNT 6, 46, 53, 64, 66, 95, 192, 199, 207, 223, 257, 260, 270 nelle grafie Capaçennor, Capattennor, Capat(t)hennor, Capazennor), nonché in quello stesso di Salvennor (CSMS 177 [Canpatenor]). Come toponimo, compare unicamente in CSPS 193, 321 e CSMS 163, 164, 194; ma d’altronde, considerata l’estesa attestazione generale, ed in particolare nel manoscritto semestenese, è concepibile una molteplice diffusione del toponimo (il toponimo contenuto in CSPS 193 è d’incerta localizzazione; le citazioni salvennoresi vanno riferite presumibilmente al suolo osilese²⁹) e, in particolare, di centri demici così designati. L’attestazione del CSPS 321 (1065-ante 1082) pare l’unica riferibile alla regione cargeghese (per la quale non sono implicabili attività insediative).

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territorio di Cargeghe ed identificate rispettivamente con S. Maria di Contra (BONAZZI 1900, p. 142) e, talvolta, col S. Pedru del CSPS: se della prima non resta pressoché traccia né su altre carte né sul terreno di Florinas (da notare come il Santu Barore non compaia in CSPS, ma solamente in CSMS 14 [San Salvador] assieme col San Pedro e, isolato, in CSMS 207 [id.]) è errato, in quanto citata – a prescindere da errore – in una scheda circoscrivibile ante 1063-1065, identificare la medesima con la pieve di Contra, la cui fondazione non va oltre la prima metà del XII secolo. Il San Pedro va localizzato nell’omonimo sito florinese, dove esisteva fino ad epoca recente (TETTI 1997, p. 26).

²⁶ CSMS 267: “Dio a San Miguel de Salvenor don Niquellu Comida su salto de monte Surtalis por Dios y por su alma q. le tenia de D. Uitoria de Roma por auerle adotado por hijo y me le dio con uoluntat de su ermano el Jues Barusone por limitacion del Reino. y es el termino del Salto desde sa nuque de lunis como sale a mano dereza del camino para ir a monte. y passa ala era ariba de Cargeque passa todo por el ualle atermino de la de Gantin de Uangios y passa aplano derezo a Corona Incuruata de Supra Muros y baja a Corona de Ualiclu filicosu y buelue a nuque de lunis. testes que se allaron qdo melo dio el obispo de Gisalclu D. Juan telle y D. Comida de querqui Cafana Curador dardar y D. Manuel Curador de tir. esto dio à San Miguel por Dios y su alma con uoluntat de su ermano Jues Barusone”.

²⁷ In CSMS 175 (post 1082-1127) è detto Sesanta Querquos (TETTI 1997, p. 226).

²⁸ L’etimologia di tale toponimo è certo scontata; esso è relativo ad una località presso Sette Chehhos, già menzionato in CSMS 175 (post 1082-1127) assieme al Salto de lugurgiana, che, per quanto di “lettura incerta” (TETTI 1997, p. 275), è stato identificato dal Tetti col nome in questione (TETTI 1997, p. 226). Ammettendo dunque tale eventualità, è d’obbligo ascrivere il medesimo, dato il (o i) suffissi, ad ambito romano, con paretimologia seriore ed adattamento del nesso -sz- (?>*l[ō/ū]c[ā/ū]rĭāna(m)>lugurgiana>*luszana>luzzana) a doppia semiocclusiva (cfr. lurzana “terreno argilloso” [PITTAU 2000, I, p. 592]); dell’antroponimo latino Lūcārĭus parrebbe un aggettivo sostantivato.

²⁹ TETTI 1997, p. 222.

Conporu – Cotroianum: Conporaili a Petru de Muskianu su saltu de Capathennor, ki parthiat latus a ppare cun Ithoccor de Vanios, e deivili j boe, et j vacca, et ij maiales, e ij sollos de pecuiu, parpare xj sollos. Testes, Petru de Campu, e Gunnari de Vanios, e cComita de Carvia, e Baru de Castavar³⁰.

La località di riferimento è Codrongianos, ma l’area interessata è certo situata al confine col territorio di Cargeghe, come suggerisce il cognome di Petru de Muskianu.

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³⁰ “Compera – Codrongianos: Comprai a Petru de Muskianu il salto di Capathennor, che aveva in compossesso con Ithoccor de Vanios, e gli cedetti un bue, una vacca, 2 maiali e 2 soldi, per un totale di 11 soldi. Testimoni Petru de Campu, Gunnari de Vanios, Comita de Carvia e Baru de Castavar”.

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*Per gentile concessione dell'autore: Marco Sanna, Academia