martedì 3 novembre 2015

Il testamento dell'avvocato don Giommaria Satta, ultimo cavaliere di Cargeghe


a cura di Giuseppe Ruiu


Riesumato dall'oblio degli archivi dopo un lavoro di ricerca, e trascritto fedelmente dall'originale in lingua italiana, l'inedito manoscritto, composto da sei fogli, del testamento orale fatto di fronte a testimoni con una dichiarazione solenne, dell'ultimo rappresentante della famiglia dei cavalieri Satta di Cargeghe (qui la loro genealogia), l'avvocato don Giommaria Satta Budroni - la cui non sempre lieta parabola terrena è stata descritta in altro lavoro -, rappresenta un prezioso documento della prima metà del XIX° secolo, di sicuro valore storico per Cargeghe, in virtù del fatto che egli lasciò beneficiaria della gran parte del suo patrimonio la chiesa del paese.
Per tramite della dettatura del morente, riportata con grafia decisa e mano precisa dall'estensore, il notaio Giovanni Maria Floris, è possibile rievocare le sue ultime volontà in tutta la loro morale e mortale ritualità.

Nella trascrizione ci si è attenuti alla grafia originale. Alcuni interventi sono stati effettuati esclusivamente nelle abbreviazioni, nella punteggiatura e nella resa delle maiuscole. Il tutto per uniformare il testo e renderlo più leggibile secondo criteri sintattici e ortografici moderni. I termini di interpretazione incerta sono compresi tra parentesi quadre con punto interrogativo.

Foglio I
«Testamento nuncupativo del signor avvocato Giommaria Satta cavaliere di questo villaggio di Cargieghe come infrascritto

L'anno del Signore mille ottocento trentuno ed allì undici del mese di marzo in Cargieghe

Nel nome del nostro Signore Gesù Cristo della Santissima Vergine Madre Maria, e più Santi della celeste patria.

Dovendo tutti morire nel tempo, ad ora incerta; quindi [?] che io avvocato Giommaria Satta cavaliere di questo villaggio deposto in letto, oppresso da corporal malattia, sano però di mente, vista, udito, e con chiara favella faccio questo nuncupativo testamento presso l'infrascritto notario di mio ordine chiamato e da me pregato nel modo e forma seguente.

Raccomando l'anima mia al suo Creatore, acciochè come degnossi redimerla col preziosissimo suo sangue, si degni così bene riceverla nella Sua alta Gloria. 

Eleggo sepoltura ecclesiastica, in questa parrocchial chiesa, al mio cadavere nella capella patronato sotto l'invocazione delle Anime del Purgatorio, vestito di abito bianco e posto entro una cassa nuova foderata di velluto nero in setta, con zallona d'oro vero, ivi portato dai confratelli dell'illustre Arciconfraternita di Santa Croce, di cui ne sono attual priore, con dare al detto oratorio dodici candele di cera tre a libra, le quali si porteranno dai confratelli per accompagnare il cadavere in detta parrochial chiesa, senza computarsi questo nella funeralia, accompagnato dall'apparato con tre pause così dette, con applicarmi quattro messe d'apparato una corpore presenti, la seconda il giorno del terzo, la terza il giorno settimo e la quarta il giorno trigesimo, con mettere nell'altare al tempo della vispertina il numero di dodici candele da tre a libra ed altre dodici in giro del cadavere al tempo della messa e responsorio corpore presenti; per tutto il quale lascio la somma di scudi cento moneta sarda che perciò dovrà vendersi l'argenteria, le botti ed altri mobili ed utensili di casa, eccetuati quelli come infra [predigati?]; e non bastando questo dovrà pagarsi alla vendita delle mie peccore ed il sopravanzo di essa partita dovrà applicarsi in tante messe basse, in suffraggio dell'anima mia, per cui ed a questo solo riguardo né incarico il paroco pro tempore di questo medesimo villaggio, che nomino

foglio II
per esecutore per la sola asistenza alla vendita, affinché si eseguisca il disposto della sola mia funeralia ed impiego di detta somma come sopra.

Lascio a riguardo di legato alla vedova Maria [Sechi?] di questo villaggio, un rasiere di grano, a Maria Tolu Demartis mezzo rasiere di grano, a Gian Gavino Tolu altro mezzo rasiere di grano, per una volta soltanto, a riguardo della servitù che mi han prestato quali legati, si davano dal mio esecutor testamentario nominando dopo seguito il mio decesso, del grano si troverà in magazzino e nel caso non verrà trovato, dal grano della prima raccolta.

[Prelego?] alla baila o servante Maddalena Saba tre rasieri di grano, per una via tantum, da darsi come [?]. Inoltre lascio alla stessa Saba qualche utensileria di cocina che le abbisognasse, e qualche altro per la farina colla tavola di noce per fare il pane, da scegliersi li utensili d'accordo dell'esecutore nominando.

Di più lascio alla medesima servante Saba uno dei due otri esistenti nella stanza ove essa dorme, a scegliersi a di lei piacimento, insieme al cortinaggio di tela, pagliericcio con materazzo e tre coperte di lana gialla alquanto usate ed un poco di lenzuolla nuovi, tela ordinaria.

Alla figlia di essa Maddalena, detta Lucia, lascio così come jure legati il sofà, che si destinò a Cicitu mio, fu mio figlio, allor quando andiede in Sassari agli studi, col picol pagliaricio, matarazzo coperta di lana ed un paio di lenzuolla nuovi, tela ordinaria, se vene fossero rinchiusi e conservati nella cassa grande nera, lascio jure legati alla figlia dell'oggi difunta Maria Ritta Pinna, chiamata Cattarina e del vivente Salvatore Pitalis, l'altro cortinaggio esistente nella medesima stanza oggi giorno, ove dorme la detta baila Saba, insieme con trepiè e tavole d'altro letto, ed un poco lenzuolla e coperta sia bianca che d'altro colore sevene fosse, e ciò a riguardo della servitù, che prestò in casa la detta defonta madre Maria Ritta ed a me.

Lascio così bene a riguardo di legato a Giovanni Antonio Carta di questo villaggio, la sciabola colle monete d'argento, due tratti di terra aratoria sitti in questi territorri, e nella vidazoni di Campo di Mela, denominati uno Su Narbone di Santu Pedru e l'altro Sas coas de molinu in considerazione della verace stima e della comune benevolenza che da cugino, quale egli [?] è, mi professa.

Foglio III
Similmente lascio jure legati al bailo e servitore Antonio Uda, la tentorgia che ho della cavalla grande ed al figlio Giuseppe la polledra, in compenso della servitù che mi prestarono.

Lascio a riguardo di legato alle monache capucine della città di Sassari, annualmente ed in perpetuo, un rasiere di grano, coll'obbligo di farmi applicare annualmente e perpetuamente tre messe basse.

Voglio che recandosi annualmente per la questua li religiosi operanti di Terra Santa, si dia alloggio nelle case destinando per legato del detto Antonio Uda e Maddalena Saba, con prestare da questi ad essi religiosi l'attendenza con provvederli a spese dell'asse ereditario, di letto, d'alimenti tanto per essi che per i cavalli saranno necessari, e ciò annualmente e perpetuamente.

Lascio alla parrochial chiesa del villaggio di Muros, sotto l'invocazione dei Santi Martiri Gavino, Protto, e Gianuario il salto di terra aratoria posto in Campu de Mela, una parte del quale si chiama Serra Mamone, e l'altra parte di [Scala?] Mamone, coll'obbligo di celebrarsi perpetuamente un anniversario con messa apparato e responsorio solenne annualmente e perpetuamente nel giorno del mio decesso, con [?] nell'altare nell'altare maggiore (sic) sei candele di libra.

Voglio che mentre vivano li predetti congiugi bailo Antonio Uda e baila Maddalena Saba godano a vitta durante possiedano la porzione dello stallo di mia attuale abbitazione, cioè la stanza ove attualmente detta Maddalena dorme, colla cocina oggi giorno di mio uso, colle rimanenti stanze attigue pur poste di basso, coll'obbligo d'alloggiare una volta l'anno recandosi per la questua li religiosi operanti di Terra Santa, somministrandoli la sola attendenza, e dello stesso modo si darà alloggio ed attendenza alli [?] delle monache capucine, e regio spedale di Sassari.

Lascio al paroco pro tempore di questa paroqial chiesa il rimanente di questo mio dominario, con tutto il giardino annesso dei portogalli (aranci - ndc), vitti, ed altri alberi fruttiferi, che lo compongono, coll'attigua vigna detta di Cannedu vanno, ed alberi di olivo e sue pertinenze, coll'obbligo perpetuo d'applicare e far applicare settantacinque messe basse annualmente in suffragio dell'anima mia e di più a tutti miei congiunti

foglio IV
seconda di mia intenzione; di celebrare la festa di San Giovanni Battista con vespro e messa in apparato il giorno in cui cade, con mettere all'altare all'altare maggiore (sic) e nel caso in cui la capella di esso Santo, nella medesima, con accendere in esso altare il numero candele di tre a libra dodici e senza accendere, cioè cera nuova: ugualmente sarà obbligato il paroco pro tempore fare tutte le necessarie riparazioni in esso dominario, come anche nelle muraglie del giardino, ripparato ed in buono stato ed al dovuto tempo coltivato e mantenuto lo stesso giardino e vigna qual buon padrone di famiglia. 

Seguita poi la morte dei predetti baili coniugi Antonio Uda e Maddalena Saba, prevenga allo stesso paroco pro tempore la porzione dello stesso Stallo e tutto unito lo possieda il medesimo paroco, coll'obbligo della perpetuamente applicazione di altre quaranta cinque messe basse, formanti quelle e queste di totale numero di cento venti messe basse annualmente e perpetuamente; e nel caso che per un solo anno lasci esso reverendo paroco di coltivare ed attendere esso giardino e vigna, ripparare ed attendere il dominario e [?] come sopra da quel paroco contraventore, decada dal possesso durante il tempo starà paroco; ed in tal caso, l'ordinario, colle stesse condizioni ed obbligo del paroco potrà nominare altro soggetto di suo piacimento purché sia persona ecclesiastica o sacerdote e la tal persona non adempiendovi, decada dallo stesso possesso come il paroco contraventore, come pure dandosi il caso di essere vacante la parochia, durante la vacanza della medesima, possieda colle stesse condizioni ed obbligo esso dominario, giardino e vigna, la stessa parochia e non in altro modo e forma.

Interrogato io testatore dall'infrascritto notario. Rispondo non lasciar partita di danaro a questo montenumario (monte nummario - ndc) né di soccorso: partita, elemosina, ne cosa alcuna al riscato dei [?], né al conservatorio delle figlie della provvidenza; e solamente lascio al regio spedale della città di Sassari, la limosina di corbole (ceste - ndc) tre di grano annualmente e perpetuamente, da consegnarli all'occorrenza una l'economo spedaliere per la questua in questo villaggio e non altrimenti.

Dichiaro che il rasiere del grano come sopra lasciato alle monache capucine di Sassari, debba consegnarsi all'economo di esse venendo in casa per l'annuale 

foglio V
questua del grano, per condurlo ad esso monastero capucino.
Nei rimanenti dei miei beni presenti e futturi, e per avere in qualunque modo e forma a me spetanti, instituisco per mio erede universale questa parochial chiesa di San Chirico (sic) sotto l'invocazione dei Santi Martiri Quirico e Giulita, nell'obbligo di far il trentenario, computandosi nel medesimo le quarantore che nell'ultimi tre giorni di carnevale con dire ogni sera il rosario, le litanie della Madonna, ed in fine la benedizione col venerabile e responsorio alle Anime del Purgatorio, con annessi diciotto candele nell'altare maggiore, e nella settimana di Passione, il settenario della Madonna Adolorata, da celebrarsi nella stessa parochia ed altare maggiore, con accendersi ogni sera dodici candele di tre a libra, non più [?] accesa e venti quattro il giorno della festa, con messa d'apparato, con fare una lapide di marmo nella detta capella patronato colla sua iscrizione, ossia epitaffio a piacimento del paroco, e sotto la lapide, la tomba, in cui deve esser riposta la cassa col cadavere, il quale voglio che per nissun titolo venghi rimossa e non altrimenti; come pure voglio, che quando vi saranno fondi dai frutti che procurerà da detti rimanenti beni, si faccia in detta chiesa la capella di San Giovanni Battista col suo altare, il simulacro della Vergine Addolorata colle spade d'argento: e finalmente voglio, che qualora vi siano frutti provenienti da detti beni, che si impieghino a beneficio di essa chiesa parrocchiale purché non si impieghino in lingeria, in ornamenti, in cera, in oglio, e cose simili, per la di cui cura ed esecutore di questo mio testamento nomino l'ordinario, [affinché?] nel modo sovra ordinato faccia eseguire, ed eseguisca quanto in questo mio testamento ho prescritto, sempre detti miei beni, si possano alienare o commutare, per qualsivoglia titolo da qualunque soppresione, ancorché sia il romano pontificio, e nel caso si voglia commutare od alienare, voglio, ed a mia irrevocabile volontà, la quale voglio, che non ammetta interpretazione alcuna, che tutti i [?] rimanenti beni lasciati a questa chiesa parrochiale nella qualità d'erede, di [condursi?] e di applicarsi in tante messe private fra lo spazio di due mesi, in suffragio dell'anima mia, dei miei genitori, e del fu zio Sacerdote Giovanni Budroni, autorizando nel caso di commuta ad alienazione che si prettendesse, il paroco pro tempore a sostenere questa mia volontà in quanto sarà possibile, con fare anche dalle spese dei frutti di detti 

foglio VI
miei [?] beni lasciati a questa parrochia. Sarà inoltre questa parochia obbligata ha (sic) celebrare annualmente e perpetuamente, cinque anniversari, uno il giorno del mio obito, il giorno dell'obito dei miei genitori, in quello dell'obito del mio fratello domenico, ed in quello dell'obito del fu mio zio fu Giovanni Budroni, coll'obbligo pure di dare al paroco pro tempore scudi sei il giorno della festa della Vergine Addolorata ogni anno perpetuamente, con questo che abbia sorvegliato sull'adempimento di tutti i legati perpetui, nel caso non abbia così adempiuto, cioè di sorvegliare, voglio che pur quell'anno, o anni, sia egli [privo?] del legato delli scudi sei.

Questo è il mio testamento, ed ultima volontà mia, che voglio valga per tale e se per tale voler non passa, voglio valga per codicillo, donazione causa di morte, od in altra miglior maniera possa aver luogo in dritto, rivocando qualunque altro testamento da me precedentemente fatto, mentre il presente voglio sia posto nella totale esecuzione il quale per essermi stato letto dall'infrascritto notaio alla presenza dei [?] testimoni in alta, ed intelligibile voce, dalla prima fino all'ultima riga e pur anessa come intelligente capitolo, per capitolo ben compresa la loro forza, in ogni sua parte l'approvo, ratifico e confermo e prego li sette [?] signori testimoni, unitamente allo stipulante notario, abbiano da soscrivendo e lo soscrivo io di propria mano di [?] = Cavaliere Giommaria Satta =

Testi presenti alla lettura di questo testamento, pregati da detto testatore, sono i sottoscritti [?]

sacerdote Antonio Cherchi teste = sacerdote teologo Francesco Maria Polo teste = sudiacono Salvatore [?] teste = chierico Luigi Tolu teste = Giommaria Pisano teste = Giuseppe Demelas teste = Giuseppe Tolu teste = Giommaria Floris notario pubblico. 
[…]
Cargieghe, li 11 marzo 1831»

Sassari, Biblioteca Universitaria, Fondo Soppresse Corporazioni Religiose, ms 698, CNMD\0000046270, cc. 154r-157v


Intestazione


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