venerdì 29 agosto 2014

La Confraternita di Santa Croce di Cargeghe


di Giuseppe Ruiu


L'epoca delle confraternite vide i suoi albori nel corso del medioevo grazie alla predicazione francescana che indusse vasti strati della popolazione a una pratica religiosa più fervente e intensa. Il fenomeno si diffuse in buona parte dell'Europa, e in Sardegna, tra la fine del XIII secolo e gli inizi del XIV con le confraternite penitenziali dei Disciplinati, i quali nel corso delle processioni religiose si flagellavano il corpo in segno di penitenza, per questo noti in lingua sarda come sos Battudos.

La diffusione delle confraternite fu territorialmente capillare, a partire dal XVII secolo - l'epoca barocca fu il secolo d'oro delle confraternite – nacquero numerose fin nei più piccoli villaggi rurali, legate perlopiù all'erezione degli oratori di Santa Croce (Santa Rughe).
L'appartenenza a uno di questi sodalizi donava grande prestigio dato che essi non avevano riguardi al censo dei confratelli (o consorelle) e vi poteva accedere il più distinto come il più umile dei cittadini, tutti avvinti al mistero della passione e morte del Cristo, celebrato in austere processioni e con l'esercizio di canti e preghiere.

Primo passo per la costituzione di una confraternita era quello di munirsi di una regola che ne disciplinasse la struttura organizzativa e l'attività. In Sardegna tale codice intitolato in lingua sarda: - nella medesima lingua era la sua introduzione - "Regulas, Capitolos chi deven osservare sos confrades de Santa Rughe", per questo i suoi membri spesso erano noti tra il popolo oltre che come confrades o cunfrades, anche come “frades de sa règula”. Tale codice per i paesi logudoresi solitamente si rifaceva a quello praticato dai Disciplinati di Sassari una delle associazioni più antiche presenti nell'isola.

Sollecitate e sostenute dalle autorità ecclesiastiche dopo il Concilio di Trento per fini devozionali e assistenziali ma anche per arginare la generale ignoranza delle nozioni della dottrina Cristiana spesso ridotta a una superstiziosa gestualità, responsabilità questa dovuta al basso profilo culturale di gran parte del clero sardo.

Esse si riunivano in una propria chiesa, cappella o oratorio che spesso contribuivano a fondare ex-novo – pensiamo a tutti gli oratori di Santa Croce presenti in Logudoro -, guidati da un priore a carica elettiva che veniva coadiuvato da altri membri: un vice-priore, un segretario, un tesoriere, un cappellano per gli adempimenti religiosi. Essi possedevano il loro abito e uno stendardo o gonfalone sempre presente nelle cerimonie solenni. Riconosciuta formalmente per decreto dall'autorità ecclesiastica, successivamente veniva associata a una arciconfraternita romana – aggregazionismo con lo scopo di guida e di beneficio di indulgenze e privilegi di cui godevano le più importanti - che solitamente era quella del Gonfalone o dei Disciplinati nota anche come “Fratelli della regola dei raccomandati della Madonna”... Sos battudos biancos in Sardegna, per distinguerli dai battudos nieddos confratelli delle confraternite della morte.

Il culmine comunitario era rappresentato dalle festività religiose. La benedizione delle candele, l'invenzione della Santa Croce, le feste patronali, ma in particolare i riti della Settimana Santa con il Lavabo e il Discendimento del Cristo: l'austero e drammatico rito noto nell'isola come S'Iscravamentu, accompagnato da canti liturgici.

Anche Cargeghe ebbe la sua confraternita di Santa Croce – Cunfradia de Santa Rughe -, oggi non più operante. L'incipit del Regolamento (Statuto) ottocentesco, in lingua italiana, della venerabile Confraternita, chiarisce che la canonica erezione della medesima si ebbe a forma della Bolla "Quaecumque" emanata da papa Clemente VIII il 7 dicembre 1604 per disciplinare le nuove confraternite.

In base, invece, alla documentazione d'archivio costituita da registri di amministrazione e una pergamena emanata dal Cardinale Francesco Barberini munita di sigillo pendente in ceralacca, si ricavano estremi cronologici che vanno dal 1649 al 1980.
Tale pergamena è così descritta in una nota ottocentesca presente nell'archivio parrocchiale:


«La bolla oggi esistente nell'Oratorio di S. Croce per la canonica erezione ha la data delli 10 novembre del 1649. Indizione 2ª essendo Pont[efic]e Inn[ocenz]o X an. 5 ed essendo Arciv[escov]o Turr[ita]no d[o]n Andrea Manca e Postulante il Priore R[everen]do Giovanni de Cherchi: avendo per autentica il funicolo dorato col medaglione di ottone a due faccie in cera rossa; in una evvi la Vergine SSma col manto teso a custodia dei divoti e colla croce della Religione nella destra del petto e scritto in giro = Archiconfraternitas Confalonis =; e nell'altra faccia lo stemma Cardinalizio con tre api del Card[ina]le Vescovo di S. [?] Barberini Franc[esc]o Protettore dell'Arciconfraternita in Roma: e la spediz[ion]e da Roma è dell'anno, del mese, poi di agosto ai 23. Così dalla Bolla in pergamena. Carg[eghe] 1860 R[everen]do F. Serra.»

La bolla di affiliazione del 1649 

Come indicato poco sopra trattasi di una bolla di affiliazione-aggregazione all'Arciconfraternita del Gonfalone di Roma, con le finalità di guida e di beneficio di indulgenze e privilegi di cui godeva quella romana. Il 1649 vale dunque come anno di costituzione "de iure" della Confraternita cargeghese. "De facto" invece la medesima potrebbe ascendere ad epoca più remota come pare rilevare in alcune registrazioni presenti nei Quinque libri di Cargeghe, dove è possibile rilevare le prime menzioni di confratelli. Sos Confrades, Frades o “Frades de sa règula” - come sono indicati dalle fonti - vengono citati per la prima volta in due documenti, il primo del febbraio 1592 e il secondo del febbraio 1600/1601:

«(...) Ittem asobera de Sta Rugue pro qui sos frades preguen [?] pro sanima sua (...)». (Quinque Libri di Cargeghe, libro dei battesimi n. 2, foglio 43b).
«Item all'opera di Santa Croce perché i fratelli preghino [?] per la sua anima».

«(...) Lassat su die de sa sepurtura unu raseri de trigu et peta tres [?] et vinu asos frades de sa regula. (...)». (Quinque Libri di Cargeghe, libro dei battesimi n. 1, foglio n. 74).
«Lascia il giorno della sepoltura un rasiere di grano e carne [?] e vino ai fratelli della regola.»

Altra menzione è quella presente in un legato del 1632:
«(...) Ittem bator [intorzias?] at dogni confrade una candela (...)»
(QLC, libro dei battesimi n. 1, foglio n. 134b).
«Item quattro [intorzios?] a ogni confratello una candela.»

Queste sono le uniche menzioni riscontrate che citano i confratelli cargeghesi prima dell'anno 1649. Non è dato sapere con certezza se si tratta degli stessi confratelli della Confraternita di Santa Croce. Una generica “Santa Rugue” però è già menzionata nei registri già dall'anno 1584 e ancor prima "La Regina dei Raccomandati” protettrice delle Confraternita romana e di quelle dei “Battudos biancos” sarde:

28 gennaio 1571 «(…) et testat (…) trinta soddos a sa ricomandada (...)»
(QLC, registro dei battesimi n. 1, foglio n. 38). «e lascia (...) trenta soldi alla Raccomandata.»

28 novembre 1584, «(…) Item a sancta rugue vinti soddos. (...)». (QLC, registro dei battesimi n. 1, foglio 40b). «Item a Santa Croce venti soldi».

31 luglio 1586, «(...) Ite[m] de pius lassat a S. Rugue de Cargegue vinti soddos (...)». (QLC, registro dei battesimi n. 1, foglio 41b). «Item in più lascia a S. Croce di Cargeghe venti soldi.»

7 maggio1608, prima menzione dell'Opera di Santa Croce:
«(…) asa obera de s[an]ta rugue de dita v[ill]a». (QLC, libro dei battesimi n. 1, foglio n. 78). «all'opera di Santa Croce di questa villa.»

Inoltre nella parrocchiale dei SS Quirico e Giulitta venne eretta nel 1588 una cappella, la prima a destra dell'altare maggiore – in cornu epistolae -, dedicata proprio alla Regina dei Raccomandati – Sa regina de sas Arecumandadas -:

15 aprile 1588, «(...) Itte[m] a sa capella de sa regina qui si faguet a su p[rese]nte in dita villa... 5 l[iras]. (...)». (QLC, libro dei battesimi n. 1, foglio n. 42/b). 
«Item alla cappella della Regina che si fa al tempo presente in questa villa... 5 lire.»

L'edificazione dell'oratorio, invece, prendendo per buona la datazione incisa in una parete e sulla volta del medesimo oratorio dovrebbe essere del 1630, ma la sua prima menzione nei registri è del 1672, presente nel legato del majore di Cargeghe Thomas de Querqui. La stessa nobile famiglia de Querqui potrebbe aver preso parte all'edificazione dell'edifico sacro.
Successivamente la Confraternita viene menzionata anche nelle visite pastorali degli Arcivescovi turritani a Cargeghe. Nella relazione della seconda visita pastorale dell'Arcivescovo turritano Joan Morillo y Velarde del 4 marzo 1688 si trascrive:

«(...) Hemos visitado la Iglesia Parroquial, su Sacristia, el S[anctissi]mo Sacramento, los olios S[an]tos y Cemiterio con la Cofadria de S[an]ta Cruz que lo hemos hallado con la devida decencia de que damos gracias a su Divina majestad; (...)». (QLC, libro dei battesimi n. 4, foglio 82).

«Abbiamo visitato la Chiesa Parrocchiale, la sua Sacrestia, il Santissimo Sacramento, gli oli Santi e il Cimitero con la Confraternita di Santa Croce che li abbiamo trovati con la dovuta decenza di questo diamo grazia a sua Divina maestà.»

Relazione della visita pastorale dello stesso Arcivescovo turritano del 28 aprile 1694:

«(...) [?] quedando confirmados los decretos de las visitas de su Señoria Ill[ustrisi]ma que le hubieron dejado de cumplir se [?] al Prior Cofadrias del Oratorio de S[an]ta Cruz que todos los años tomen las cuentas al Obrero y receptor de dicho Oratorio con assistencia y en presencia Rev[eren]do Rector pues por esta falta se han hallado las cuentas mas confusas y lo cumplan cada año pena de dies escudos y en [subiudis?] de excomunion major, y [?] las mismas penas se manda [?] al dicho Prior y Cofadres que todos los dias festivos tengan [?] las funciones del Oratorio el hiverno a las ocho oras y el verano a las siette de la magnana (...)»(QLC, libro dei battesimi n. 4, foglio n. 83).

«Essendo confermati i decreti della visita di sua Signoria Illustrissima che c'erano e che non avevano rispettato si [?] al Priore e Confraternita di Santa Croce che tutti gli anni prendano i conti all'Obriere e recettore di detto Oratorio con assistenza e in presenza del Reverendo Rettore perché per questa mancanza si hanno trovato i conti molto confusi e li compiano ogni anno pena di dieci scudi e sotto giudizio di maggiore scomunica, e [?] la medesima pena si manda [?] al detto Priore e Confratelli che tutti i giorni festivi tengano [?] le funzioni dell'Oratorio in inverno alle ore otto e in primavera alle ore sette del mattino.»

Trascorsi alcuni secoli la Confraternita di Santa Croce ebbe una parabola discendente tanto che in un resoconto del 1912 si descrive la sua riordinazione:

«L'anno del Sig[no]re 1912 il giorno sette gennaio.
Essendo pressoché sciolta la Confraternita di S. Croce, e visto che nessuno dei confratelli partecipa più alle riunioni e funzioni comuni, il vicario parr[occhial]e sac[erdote] Antonio Sanna ha pensato di riordinare la dispersa Confraternita. A tale scopo, radunati i confratelli e consorelle, nell'Oratorio di Santa Croce, dopo la funzione della sera e dopo breve discorso, a termine del regolamento è passato alla elezione dei membri ed impiegati dell'oratorio. Con maggioranza di voti, vennero eletti i seguenti confratelli:

1° Marche Giovanni Battista – Priore
2° Marras Giovanni – Vice Priore
3° Carta Giuliano – Sindaco
4° Manconi Luigi – Cassiere
5° Manconi Gavino – Maestro di novizi

Si è passati poi alla nomina del consiglio di amministrazione e con maggiori suffragi, vennero eletti oltre i primi quattro [sullodati?] altri due membri, nelle persone dei confratelli Foddai Sebastiano e Demelas Matteo. Formato il consiglio e nominati gli impiegati dell'Oratorio si è fissata l'adunanza dei medesimi al 14 corrente mese.
In fede Cargeghe 7 gennaio 1912
Sac[erdote] Antonio Sanna vicario parr[occhia]le ed amministratore.
I membri della commissione: (seguono firme – ndc).»
(QLC, Libro dei colloqui della commissione parrocchiale di Cargeghe, foglio n. 92)

Confratelli e consorelle della Confraternita
Francesca Santoru (a cura di),
Raccontando. Storie, fatti e personaggi di Cargeghe,
Sassari, Magnum-Edizioni, 2005

 Tale riorganizzazione a lungo termine non dovette portare i benefici sperati poiché in altro documento del 1940 relativo alle associazioni religiose del paese, così si riporta: 

«Dopo i primi restauri materiali era necessaria una ripresa spirituale. Le associazioni pie delle Figlie di Maria e del S. Cuore e quella di Giov[entù] Femm[inile] di A[zione] C[attolica] vivevano abbastanza in efficienza. Era necessario provvedere alla istituzione delle altre associazioni di A.C. che non esistevano o si erano sfasciate. (…). Furono curati assai i confratelli e le consorelle perché potesse rifiorire come nel passato l'antichissima confraternita di Cargeghe, così gloriosa. Fu spiegato il nuovo regolamento-statuto e fatta fare domanda e promessa scritta di osservarlo da tutti e si celebrò la rinascita con la professione dei confratelli. (...)».
(QLC, Libro dei colloqui della commissione parrocchiale di Cargeghe, foglio n. 70)

Processione dei Santi Patroni, sulla destra un confratello
Francesca Santoru (a cura di),
Raccontando. Storie, fatti e personaggi di Cargeghe,
Sassari, Magnum-Edizioni, 2005


Visibile sopra il portale d'ingresso dell'Oratorio è il probabile stemma della Confraternita sormontato da una corona. Esso è costituito dai simboli della Passione di Cristo con ai lati due stelle o astri, forse effigianti il sole e la luna a significare la presenza dell'ordine cosmico all'evento più significativo del Nuovo Testamento, il sacrifico del Cristo a redenzione dell'umanità, ma anche passaggio dalla tenebra lunare del paganesimo alla luce solare del Cristianesimo, e quindi fine e rinascita o nuovo inizio.

All'interno dell'Oratorio abbiamo invece un altare a retablo di probabile fattura settecentesca dove due colonne in stile corinzio e un timpano triangolare racchiudono un'edicola con un pregevole crocefisso ligneo con braccia snodabili utilizzato dalla Confraternita nel corso della Settimana Santa durante il sacro rito de S'Iscravamentu.

Stemma della Confraternita

Autore di tale opera, congetturando, potrebbe essere stato il maestro napoletano originario di Rivello ("neapolitana civitate" così viene definito nei registri) Lorenzo (de) Rosas, che nel 1742 contrasse matrimonio a Cargeghe dove si stabilì generando discendenza. 
Proseguendo sul filo sottile della congettura potrebbe essere il maggiore indiziato anche per la realizzazione della statua dei SS Patroni Quirico e Giulitta, definita di scuola napoletana settecentesca; nonché degli affreschi e stucchi, sempre settecenteschi, ancora presenti nella casa parrocchiale che all'epoca apparteneva alla nobile famiglia cargeghese dei Manca (in origine "de Serra-Manca" e in seguito solo "Manca" forse per ricordare una lontana, e auterevole, parentela con i più famosi Manca sassaresi duchi dell'Asinara), della quale alcuni membri furono testimoni di nozze del maestro (de) Rosas.

Altro indiziato di tali opere potrebbe essere il mastro scultore – mestre esculptor - della città di Sassari Phelipe Pirisinu presente a Cargeghe nel novembre del 1700 quale compare di battesimo sempre dei nobili Manca.

Oratorio di Santa Croce, interno:
retablo, edicola lignea e crocefisso snodabile

Storicamente era presente anche il cimitero dei confratelli (cimitoriu de Santa Rughe nelle fonti) adiacente l'Oratorio e in funzione fino a metà del XIX secolo come cimitero del paese insieme al principale cimitero di San Quirico (cimitoriu de Santu Quirigu), ossia fino all'entrata in funzione nel 1852 di quello che oggi a Cargeghe è noto come "Campusantu 'etzu".
Precisamente il primo cimitero fuori del paese venne inaugurato il 25 aprile del 1858, in presenza dell'arcivescovo turritano Varesini. Alla processione prese parte anche l'Arciconfraternita di Santa Croce: "Archiconfraternitate Sancte Crucis processionaliter inducta", insieme alla maggioranza della popolazione.

Dai registri ottocenteschi si apprende che la Confraternita era proprietaria di alcuni beni immobili tra i quali degli appezzamenti di terreno siti nella viddazzone de Montes denominati: Montiju renosu, Sas muridinas, Su marralzu e Coa de pentumas. Di un orto e cortile, denominati "dell'Oratorio di S. Croce" e di due case annesse al palazzo parrocchiale.

L'oratorio di S. Croce prima degli ultimi restauri

Appendice
Restauro Oratorio Santa Croce

«Durante il 1967 si è restaurata la chiesa di S. Croce appartenente alla Confraternita. che di essa porta il nome. Lasciando infatti i muri perimetrali si è effettuato il tetto che era sorretto da travi di legno già deteriorati dal tempo e dall'umidità e si è costruita la volta a tavelle con intonaco interno ed esterno e facendo il tetto nuovo con tegole rosse. Nel 1969 poi si è fatto il pavimento nuovo, con altare in marmo della ditta Pinna di Ossi e il portale di pino di Svezia eseguito dal falegname [Tedde?] Giacomino di Sassari per una spesa complessiva del tutto di oltre due milioni e settecentomila lire.»
(QLC, Libro dei colloqui della commissione parrocchiale di Cargeghe, foglio n. 87)

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