di Giuseppe Ruiu
L'epoca delle confraternite vide
i suoi albori nel corso del medioevo grazie alla predicazione
francescana che indusse vasti strati della popolazione a una pratica
religiosa più fervente e intensa. Il fenomeno si diffuse in buona
parte dell'Europa, e in Sardegna, tra la fine del XIII secolo e gli
inizi del XIV con le confraternite penitenziali dei Disciplinati, i
quali nel corso delle processioni religiose si flagellavano il corpo
in segno di penitenza, per questo noti in lingua sarda come sos
Battudos.
La diffusione delle confraternite
fu territorialmente capillare, a partire dal XVII secolo - l'epoca
barocca fu il secolo d'oro delle confraternite – nacquero numerose
fin nei più piccoli villaggi rurali, legate perlopiù all'erezione
degli oratori di Santa Croce (Santa Rughe).
L'appartenenza a uno di questi
sodalizi donava grande prestigio dato che essi non avevano riguardi
al censo dei confratelli (o consorelle) e vi poteva accedere il più
distinto come il più umile dei cittadini, tutti avvinti al mistero
della passione e morte del Cristo, celebrato in austere processioni e
con l'esercizio di canti e preghiere.
Primo passo per la costituzione
di una confraternita era quello di munirsi di una regola che ne
disciplinasse la struttura organizzativa e l'attività. In Sardegna
tale codice intitolato in lingua sarda: - nella medesima lingua era
la sua introduzione - "Regulas,
Capitolos chi deven osservare sos confrades de Santa Rughe",
per questo i suoi membri spesso erano noti tra il popolo oltre che
come confrades
o cunfrades,
anche come “frades
de sa règula”.
Tale codice per i paesi logudoresi solitamente si rifaceva a quello
praticato dai Disciplinati di Sassari una delle associazioni più
antiche presenti nell'isola.
Sollecitate
e sostenute dalle autorità ecclesiastiche dopo il Concilio di Trento
per fini devozionali e assistenziali ma anche per arginare la
generale ignoranza delle nozioni della dottrina Cristiana spesso
ridotta a una superstiziosa gestualità, responsabilità questa
dovuta al basso profilo culturale di gran parte del clero sardo.
Esse
si riunivano in una propria chiesa, cappella o oratorio che spesso
contribuivano a fondare ex-novo – pensiamo a tutti gli oratori di
Santa Croce presenti in Logudoro -, guidati da un priore a carica
elettiva che veniva coadiuvato da altri membri: un vice-priore, un
segretario, un tesoriere, un cappellano per gli adempimenti
religiosi. Essi possedevano il loro abito e uno stendardo o gonfalone
sempre presente nelle cerimonie solenni. Riconosciuta formalmente per
decreto dall'autorità ecclesiastica, successivamente veniva
associata a una arciconfraternita romana – aggregazionismo con lo
scopo di guida e di beneficio di indulgenze e privilegi di cui
godevano le più importanti - che solitamente era quella del
Gonfalone o dei Disciplinati nota anche come “Fratelli della regola
dei raccomandati della Madonna”... Sos battudos biancos in
Sardegna, per distinguerli dai battudos nieddos confratelli
delle confraternite della morte.
Il
culmine comunitario era rappresentato dalle festività religiose. La
benedizione delle candele, l'invenzione della Santa Croce, le feste
patronali, ma in particolare i riti della Settimana Santa con il
Lavabo e il Discendimento del Cristo: l'austero e drammatico rito
noto nell'isola come S'Iscravamentu, accompagnato da canti
liturgici.
Anche Cargeghe ebbe la sua
confraternita di Santa Croce – Cunfradia de Santa Rughe -,
oggi non più operante. L'incipit del Regolamento (Statuto) ottocentesco, in lingua italiana, della venerabile Confraternita, chiarisce che la canonica erezione della medesima si ebbe a forma della Bolla "Quaecumque" emanata da papa Clemente VIII il 7 dicembre 1604 per disciplinare le nuove confraternite.
In base, invece, alla documentazione d'archivio costituita da registri di amministrazione e una pergamena emanata dal Cardinale Francesco Barberini munita di sigillo pendente in ceralacca, si ricavano estremi cronologici che vanno dal 1649 al 1980.
In base, invece, alla documentazione d'archivio costituita da registri di amministrazione e una pergamena emanata dal Cardinale Francesco Barberini munita di sigillo pendente in ceralacca, si ricavano estremi cronologici che vanno dal 1649 al 1980.
Tale pergamena è così descritta
in una nota ottocentesca presente nell'archivio parrocchiale:
«La bolla oggi esistente
nell'Oratorio di S. Croce per la canonica erezione ha la data delli
10 novembre del 1649. Indizione 2ª
essendo Pont[efic]e Inn[ocenz]o X an. 5 ed essendo Arciv[escov]o
Turr[ita]no d[o]n Andrea Manca e Postulante il Priore R[everen]do
Giovanni de Cherchi: avendo per autentica il funicolo dorato col
medaglione di ottone a due faccie in cera rossa; in una evvi la
Vergine SSma col manto teso a custodia dei divoti e colla croce della
Religione nella destra del petto e scritto in giro =
Archiconfraternitas Confalonis =; e nell'altra faccia lo stemma
Cardinalizio con tre api del Card[ina]le Vescovo di S. [?] Barberini
Franc[esc]o Protettore dell'Arciconfraternita in Roma: e la
spediz[ion]e da Roma è dell'anno, del mese, poi di agosto ai 23.
Così dalla Bolla in pergamena. Carg[eghe] 1860 R[everen]do F.
Serra.»
La bolla di affiliazione del
1649
Come indicato poco sopra trattasi
di una bolla di affiliazione-aggregazione all'Arciconfraternita del
Gonfalone di Roma, con le finalità di
guida e di beneficio di indulgenze e privilegi di cui godeva quella
romana. Il 1649 vale dunque come anno di costituzione "de iure" della Confraternita cargeghese. "De facto" invece la medesima potrebbe ascendere ad epoca più remota come pare rilevare in alcune registrazioni presenti nei Quinque libri di Cargeghe, dove è possibile rilevare le prime menzioni di confratelli. Sos
Confrades, Frades o “Frades de sa règula” - come sono
indicati dalle fonti - vengono citati per la prima volta in due documenti, il primo del febbraio 1592 e il secondo del febbraio 1600/1601:
«(...) Ittem asobera de Sta Rugue pro qui sos frades preguen [?] pro sanima sua (...)». (Quinque Libri di Cargeghe, libro dei battesimi n. 2, foglio 43b).
«Item all'opera di Santa Croce perché i fratelli preghino [?] per la sua anima».
«(...) Ittem asobera de Sta Rugue pro qui sos frades preguen [?] pro sanima sua (...)». (Quinque Libri di Cargeghe, libro dei battesimi n. 2, foglio 43b).
«Item all'opera di Santa Croce perché i fratelli preghino [?] per la sua anima».
«(...) Lassat su die de sa
sepurtura unu raseri de trigu et peta tres [?] et vinu asos
frades de sa regula. (...)». (Quinque Libri di
Cargeghe, libro dei battesimi n. 1, foglio n. 74).
«Lascia il giorno
della sepoltura un rasiere di grano e carne [?] e vino ai fratelli
della regola.»
Altra menzione è quella presente
in un legato del 1632:
«(...) Ittem bator
[intorzias?] at dogni confrade una candela
(...)»
(QLC, libro dei battesimi n. 1, foglio n. 134b).
«Item quattro [intorzios?] a ogni confratello una candela.»
(QLC, libro dei battesimi n. 1, foglio n. 134b).
«Item quattro [intorzios?] a ogni confratello una candela.»
Queste sono le uniche menzioni
riscontrate che citano i confratelli cargeghesi prima dell'anno 1649.
Non è dato sapere con certezza se si tratta degli stessi confratelli
della Confraternita di Santa Croce. Una generica “Santa Rugue” però è già menzionata nei registri già dall'anno 1584 e ancor prima "La Regina dei Raccomandati”
protettrice delle Confraternita romana e di quelle dei “Battudos
biancos” sarde:
28 gennaio 1571 «(…)
et testat (…) trinta soddos a sa ricomandada
(...)»
(QLC, registro dei battesimi n.
1, foglio n. 38). «e lascia (...) trenta soldi alla
Raccomandata.»
28 novembre 1584, «(…)
Item a sancta rugue vinti soddos. (...)».
(QLC, registro dei battesimi n. 1, foglio 40b). «Item a
Santa Croce venti soldi».
31 luglio 1586, «(...) Ite[m]
de pius lassat a S. Rugue de Cargegue vinti
soddos (...)». (QLC, registro dei battesimi n. 1, foglio 41b). «Item in più lascia a S. Croce di Cargeghe venti soldi.»
7 maggio1608, prima menzione
dell'Opera di Santa Croce:
«(…) asa obera
de s[an]ta rugue de dita v[ill]a». (QLC, libro dei
battesimi n. 1, foglio n. 78). «all'opera di Santa Croce di
questa villa.»
Inoltre nella
parrocchiale dei SS Quirico e Giulitta venne eretta nel 1588 una
cappella, la prima a destra dell'altare maggiore – in cornu
epistolae -, dedicata proprio alla Regina dei Raccomandati – Sa
regina de sas Arecumandadas -:
15 aprile 1588, «(...)
Itte[m] a sa capella de sa regina qui si faguet
a su p[rese]nte in dita villa... 5 l[iras]. (...)». (QLC,
libro dei battesimi n. 1, foglio n. 42/b).
«Item alla cappella della Regina che si fa al tempo presente in questa villa... 5 lire.»
«Item alla cappella della Regina che si fa al tempo presente in questa villa... 5 lire.»
L'edificazione dell'oratorio, invece, prendendo per buona la datazione incisa in una parete e sulla volta del medesimo oratorio dovrebbe essere del 1630, ma la sua prima menzione nei registri è del 1672, presente nel legato del majore di Cargeghe Thomas de Querqui. La stessa nobile famiglia de Querqui potrebbe aver preso parte all'edificazione dell'edifico sacro.
Successivamente la Confraternita viene menzionata anche nelle visite pastorali degli Arcivescovi turritani a Cargeghe. Nella relazione della seconda visita pastorale dell'Arcivescovo turritano Joan Morillo y Velarde del 4 marzo 1688 si trascrive:
Successivamente la Confraternita viene menzionata anche nelle visite pastorali degli Arcivescovi turritani a Cargeghe. Nella relazione della seconda visita pastorale dell'Arcivescovo turritano Joan Morillo y Velarde del 4 marzo 1688 si trascrive:
«(...) Hemos visitado la Iglesia Parroquial, su Sacristia, el
S[anctissi]mo Sacramento, los olios S[an]tos y Cemiterio con la
Cofadria de S[an]ta Cruz que lo hemos hallado
con la devida decencia de que damos gracias a su Divina majestad;
(...)». (QLC, libro dei battesimi n. 4, foglio 82).
«Abbiamo visitato la Chiesa Parrocchiale, la sua
Sacrestia, il Santissimo Sacramento, gli oli Santi e il Cimitero con
la Confraternita di Santa Croce che li abbiamo trovati con la dovuta
decenza di questo diamo grazia a sua Divina maestà.»
Relazione della visita pastorale dello stesso Arcivescovo turritano
del 28 aprile 1694:
«(...) [?] quedando confirmados los decretos de las visitas de
su Señoria
Ill[ustrisi]ma que le hubieron dejado de cumplir se [?] al Prior
Cofadrias del
Oratorio de S[an]ta Cruz
que todos los años
tomen las cuentas al Obrero y receptor de dicho Oratorio con
assistencia y en presencia Rev[eren]do Rector pues por esta falta se
han hallado las cuentas mas confusas y lo cumplan cada año pena de
dies escudos y en [subiudis?] de excomunion major, y [?] las mismas
penas se manda [?] al dicho Prior y Cofadres
que todos los dias festivos tengan [?] las funciones del Oratorio el
hiverno a las ocho oras y el verano a las siette de la magnana
(...)». (QLC, libro dei battesimi n. 4, foglio n. 83).
«Essendo confermati i decreti della visita di sua
Signoria Illustrissima che c'erano e che non avevano rispettato si
[?] al Priore e Confraternita di Santa Croce che tutti gli anni
prendano i conti all'Obriere e recettore di detto Oratorio con
assistenza e in presenza del Reverendo Rettore perché per questa
mancanza si hanno trovato i conti molto confusi e li compiano ogni
anno pena di dieci scudi e sotto giudizio di maggiore scomunica, e
[?] la medesima pena si manda [?] al detto Priore e Confratelli che
tutti i giorni festivi tengano [?] le funzioni dell'Oratorio in
inverno alle ore otto e in primavera alle ore sette del mattino.»
Trascorsi alcuni secoli la Confraternita di Santa Croce ebbe una
parabola discendente tanto che in un resoconto del 1912 si descrive la
sua riordinazione:
«L'anno del Sig[no]re 1912 il giorno sette gennaio.
Essendo pressoché sciolta la Confraternita di S. Croce, e visto che
nessuno dei confratelli partecipa più alle riunioni e funzioni
comuni, il vicario parr[occhial]e sac[erdote] Antonio Sanna ha
pensato di riordinare la dispersa Confraternita. A tale scopo,
radunati i confratelli e consorelle, nell'Oratorio di Santa Croce,
dopo la funzione della sera e dopo breve discorso, a termine del
regolamento è passato alla elezione dei membri ed impiegati
dell'oratorio. Con maggioranza di voti, vennero eletti i seguenti
confratelli:
1° Marche Giovanni Battista – Priore
2° Marras Giovanni – Vice Priore
3° Carta Giuliano – Sindaco
4° Manconi Luigi – Cassiere
5° Manconi Gavino – Maestro di novizi
Si è passati poi alla nomina del consiglio di amministrazione e con
maggiori suffragi, vennero eletti oltre i primi quattro [sullodati?]
altri due membri, nelle persone dei confratelli Foddai Sebastiano e
Demelas Matteo. Formato il consiglio e nominati gli impiegati
dell'Oratorio si è fissata l'adunanza dei medesimi al 14 corrente
mese.
In fede Cargeghe 7 gennaio 1912
Sac[erdote] Antonio Sanna vicario parr[occhia]le ed amministratore.
I membri della commissione: (seguono firme – ndc).»
(QLC, Libro dei colloqui della commissione parrocchiale di
Cargeghe, foglio n. 92)
Confratelli e consorelle della Confraternita
Francesca Santoru (a cura di),
Raccontando. Storie, fatti e personaggi di Cargeghe,
Sassari, Magnum-Edizioni, 2005
Tale riorganizzazione a lungo termine non dovette portare i benefici sperati poiché in altro documento del 1940 relativo alle associazioni religiose del paese, così si riporta:
«Dopo i primi restauri materiali era necessaria una ripresa spirituale. Le associazioni pie delle Figlie di Maria e del S. Cuore e quella di Giov[entù] Femm[inile] di A[zione] C[attolica] vivevano abbastanza in efficienza. Era necessario provvedere alla istituzione delle altre associazioni di A.C. che non esistevano o si erano sfasciate. (…). Furono curati assai i confratelli e le consorelle perché potesse rifiorire come nel passato l'antichissima confraternita di Cargeghe, così gloriosa. Fu spiegato il nuovo regolamento-statuto e fatta fare domanda e promessa scritta di osservarlo da tutti e si celebrò la rinascita con la professione dei confratelli. (...)».
(QLC, Libro dei colloqui della commissione parrocchiale di
Cargeghe, foglio n. 70)
Processione dei Santi Patroni, sulla destra un confratello
Francesca Santoru (a cura di),
Raccontando. Storie, fatti e personaggi di Cargeghe,
Sassari, Magnum-Edizioni, 2005
Visibile sopra il portale d'ingresso dell'Oratorio è il probabile stemma della Confraternita sormontato da una corona. Esso è costituito dai simboli della Passione di Cristo con ai lati due stelle o astri, forse effigianti il sole e la luna a significare la presenza dell'ordine cosmico all'evento più significativo del Nuovo Testamento, il sacrifico del Cristo a redenzione dell'umanità, ma anche passaggio dalla tenebra lunare del paganesimo alla luce solare del Cristianesimo, e quindi fine e rinascita o nuovo inizio.
All'interno dell'Oratorio abbiamo invece un altare a retablo di probabile fattura settecentesca dove due colonne in stile corinzio e un timpano triangolare racchiudono un'edicola con un pregevole crocefisso ligneo con braccia snodabili utilizzato dalla Confraternita nel corso della Settimana Santa durante il sacro rito de S'Iscravamentu.
Stemma della Confraternita
Autore di tale
opera, congetturando, potrebbe essere stato il maestro napoletano
originario di Rivello ("neapolitana civitate" così
viene definito nei registri) Lorenzo (de) Rosas, che nel 1742
contrasse matrimonio a Cargeghe dove si stabilì generando
discendenza.
Proseguendo sul filo sottile della congettura potrebbe essere il maggiore indiziato anche per la realizzazione della statua dei SS Patroni Quirico e Giulitta, definita di scuola napoletana settecentesca; nonché degli affreschi e stucchi, sempre settecenteschi, ancora presenti nella casa parrocchiale che all'epoca apparteneva alla nobile famiglia cargeghese dei Manca (in origine "de Serra-Manca" e in seguito solo "Manca" forse per ricordare una lontana, e auterevole, parentela con i più famosi Manca sassaresi duchi dell'Asinara), della quale alcuni membri furono testimoni di nozze del maestro (de) Rosas.
Proseguendo sul filo sottile della congettura potrebbe essere il maggiore indiziato anche per la realizzazione della statua dei SS Patroni Quirico e Giulitta, definita di scuola napoletana settecentesca; nonché degli affreschi e stucchi, sempre settecenteschi, ancora presenti nella casa parrocchiale che all'epoca apparteneva alla nobile famiglia cargeghese dei Manca (in origine "de Serra-Manca" e in seguito solo "Manca" forse per ricordare una lontana, e auterevole, parentela con i più famosi Manca sassaresi duchi dell'Asinara), della quale alcuni membri furono testimoni di nozze del maestro (de) Rosas.
Altro indiziato di
tali opere potrebbe essere il mastro scultore – mestre esculptor
- della città di Sassari Phelipe Pirisinu presente a Cargeghe nel
novembre del 1700 quale compare di battesimo sempre dei nobili Manca.
Oratorio di Santa
Croce, interno:
retablo, edicola
lignea e crocefisso snodabile
Storicamente era
presente anche il cimitero dei confratelli (cimitoriu de Santa
Rughe nelle fonti) adiacente l'Oratorio e in funzione fino a metà
del XIX secolo come cimitero del paese insieme al principale cimitero
di San Quirico (cimitoriu de Santu Quirigu), ossia fino
all'entrata in funzione nel 1852 di quello che oggi a Cargeghe è
noto come "Campusantu 'etzu".
Precisamente il
primo cimitero fuori del paese venne inaugurato il 25 aprile del
1858, in presenza dell'arcivescovo turritano Varesini. Alla
processione prese parte anche l'Arciconfraternita di Santa Croce:
"Archiconfraternitate Sancte Crucis processionaliter
inducta", insieme alla maggioranza della popolazione.
Dai registri
ottocenteschi si apprende che la Confraternita era proprietaria di
alcuni beni immobili tra i quali degli appezzamenti di terreno siti
nella viddazzone de Montes denominati: Montiju renosu, Sas muridinas,
Su marralzu e Coa de pentumas. Di un orto e cortile, denominati
"dell'Oratorio di S. Croce" e di due case annesse al
palazzo parrocchiale.
L'oratorio di S. Croce prima degli ultimi restauri
Appendice
Restauro Oratorio
Santa Croce
«Durante il 1967 si è restaurata la chiesa di S. Croce appartenente
alla Confraternita. che di essa porta il nome. Lasciando infatti i
muri perimetrali si è effettuato il tetto che era sorretto da travi
di legno già deteriorati dal tempo e dall'umidità e si è costruita
la volta a tavelle con intonaco interno ed esterno e facendo il tetto
nuovo con tegole rosse. Nel 1969 poi si è fatto il pavimento nuovo,
con altare in marmo della ditta Pinna di Ossi e il portale di pino di
Svezia eseguito dal falegname [Tedde?] Giacomino di Sassari per una
spesa complessiva del tutto di oltre due milioni e settecentomila
lire.»
(QLC, Libro dei colloqui della commissione parrocchiale di
Cargeghe, foglio n. 87)
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