lunedì 27 febbraio 2017

Iconografia della Sacra Famiglia con San Giovannino: Cargeghe, Baccio Gorini e i Gesuiti



di Giuseppe Ruiu

(Si ringrazia sentitamente il prof. Alessandro Nesi per le preziose delucidazioni sul tema - la Sacra Famiglia - trattato in questo articolo).


«Nel Vangelo non troviamo discorsi sulla famiglia, ma un avvenimento che vale più di ogni parola: Dio ha voluto nascere e crescere in una famiglia umana.» Benedetto XVI


In ambito artistico il tema iconografico della Sacra Famiglia, con San Giuseppe e sovente altri Santi tra cui Santa Elisabetta, Sant'Anna o San Giovannino, ha ispirato gli artisti rinascimentali fin dagli albori del XVI secolo. Fu però al tempo della Controriforma che il soggetto sacro assunse un posto di rilievo quale rappresentazione artistica, avendo grande diffusione, allorquando i Gesuiti ne fecero un potente manifesto simbolico della famiglia cristiana, modello di vita domestica e di virtù, parallelo tra Trinità terrena e celeste.

Maria giovane madre premurosa e melanconica, Gesù bambino, dolce e ricciuto, e San Giuseppe, un po' in disparte e già avanti con gli anni, ma comunque protettivo... un tema classico dunque, ma singolarmente complesso.

A tali figure spesso si aggiunge quella di San Giovannino, che in alcune rappresentazioni si porta l'indice sulle labbra nell'emblematico signum harpocraticum, ad intimare il religioso e sacrale silenzio verso il sonno del giusto: il bambinello dormiente, o forse, anche allusione artistica ad ermetiche conoscenze che l'iniziato deve mantenere celate.

La Sacra Famiglia con San Giovannino di Cargeghe, del manierista fiorentino Baccio Gorini, opera del primo seicento, possiede questo bagaglio storico-artistico e simbolico, che offre interessanti chiavi di lettura circa la sua genesi, la competenza culturale dell'artista, e la sua committenza.

La Sacra Famiglia di Cargeghe, inizi XVII sec.

La prima storica rappresentazione della Sacra Famiglia con San Giovannino, dalla quale l'opera in oggetto - e molte altre - ha tratto ispirazione, potrebbe derivare da un disegno-prototipo a sanguigna eseguito da Michelangelo Buonarroti (Caprese, 1475-Roma, 1564) probabilmente per Vittoria Colonna: “La Madonna del silenzio”, c. 1538-40.
Di tale opera non rimane traccia, oppure fu un'incompiuta dell'artista. La prima traduzione a bulino del disegno michelangiolesco fu del pittore e intagliatore bolognese Giulio Bonasone (c.1488 – dopo 1574), nel 1561. Altra incisione del soggetto la ritroviamo ad esempio nel 1566 ad opera di Philippe de Soye (1538 - Roma, 1572).

Madonna del silenzio, incisione, 
Giulio Bonasone, c.1561

Madonna del silenzio, incisione, 
Philippe de Soye, 1566

Madonna con bambino, acquaforte, Francesco Vanni, 
XVI sec. "Ego dormio et cor meum vigilat"

Ulteriori incisioni, originalmente rivisitate, le abbiamo ad opera delle prolifiche famiglie di incisori dell'Europa settentrionale: i fiamminghi Galle (Philip, Theodoor e Cornelis) e Wierix (Anton, Jan e Hyeronimus) che operarono tra la metà del XVI e la metà del XVII secolo.

Incisione, Hieronymus Wierix, XVII sec.

Dettaglio, similitudini tra l'incisione 
del Wierix e l'opera del Gorini

Incisione, Hieronymus Wierix, XVII sec.

Incisione, Hieronymus Wierix, XVII sec.
  
Incisione, Theodoor Galle, XVII sec.

Il tema originario della Sacra Famiglia viene così idealmente ripreso dai fiamminghi spesso su committenza della Compagnia di Gesù che in epoca di evangelizzazione delle popolazioni amerindie dell'America latina: Perù e Messico, e asiatiche del Giappone, di Macao e delle Filippine, ne fece, come detto, un modello simbolico valido anche per i nuovi cristiani delle indie orientali e occidentali.

Lo ritroviamo infatti in questi luoghi grazie alle opere realizzate da alcuni artisti Gesuiti quali Giovanni Niccolò o Nicolao o Nicolao da Nola (Nola, 1560-Macao, 1626), missionario in Giappone e a Macao. Il quale realizzò degli altarini-icone devozionali riconducibili all'arte cristiano-giapponese definita Nanban bijutsu o Namban, di epoca momoyama (1573-1615). Così come lo ritroviamo a Cuzco in Perù sempre per tramite dei Gesuiti.

Altarino-icona, missione dei gesuiti 
portoghesi in Giappone, XVI sec.

Altarino-icona, anonimo fiammingo, missione 
dei gesuiti portoghesi in Giappone, XVI sec.

Altarino-icona, Giovanni Nicolò, Giappone, XVI sec.

Sagrada Familia, Andres de Concha, Messico, XVI sec.

La Virgen el niño y san Juanito, olio su rame, 
scuola spagnola, XVII sec.

Sagrada Familia y san Juanito, olio su rame,
scuola spagnola, XVII sec.

El sueño del niño, Cuzco, Perù, XVIII sec.

La Sacra Famiglia di Cargeghe - la Sardegna spagnola del XVI secolo era considerata terra incognita non meno delle indie, e dunque la funzione evangelizzatrice della Sacra Famiglia aveva le sue motivazioni religiose nonostante in realtà nell'isola il cristianesimo si diffuse da epoche remote - è ipotizzabile venisse dunque eseguita dal Gorini rifacendosi idealmente all'opera michelangiolesca o ad altra versione successiva ma difficilmente individuabile con precisione ma che comunque la diffusione della stampa permise che le incisioni potessero circolare tra gli artisti i quali possedevano svariate copie da cui attingere sempre nuovi soggetti sacri, e il Gorini stesso non fu di certo immune da questo stratagemma.


Sacra Famiglia, Mariotto Albertinelli 
(attribuito), XVI sec.

Sacra Famiglia, Lavinia Fontana, 
Escorial, XVI sec.

Madonna col bambino e san Giovannino, 
Giovanni maria Butteri, XVII sec.

Sagrada Famìlia y san Juanito, 
anonimo italiano, XVII sec.

La committenza dell'opera potrebbe essere quella di un religioso vicino ai Gesuiti - tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo alcuni rettori della parrocchiale di Cargeghe, tra cui Andrea de Aquena e Giovanni Maria del Olmo (Olmo o Desulumu) furono in rapporti con i Gesuiti da poco installatisi a Sassari - forse per una iniziale devozione privata, viste le non grandi dimensioni dell'opera, oppure per impreziosire da subito una cappella della chiesa parrocchiale (forse luogo di riunione della nascente confraternita di Santa Croce prima dell'erezione dell'oratorio nel 1630) dove dal punto vista artistico-architettonico i richiami alla Compagnia di Gesù di sicuro non mancano.